INVIATO A DOHA - C’è una comunità di italiani che ha tifato Marocco da molto lontano. Sono i cittadini di Loreto, il paese marchigiano famoso per la basilica della Santa Casa e perché meta cattolica del pellegrinaggio Mariano. Quindicimila residenti, tante storie. Qui è nato e cresciuto Walid Cheddira, attaccante del Bari candidato a giocare da titolare la finale per il terzo posto contro la Croazia. I suoi genitori sono arrivati in Italia «in cerca di fortuna» oltre trent’anni fa e sono stati accolti da subito con amicizia e solidarietà. Abbiamo intervistato il sindaco Moreno Pieroni, 61 anni, per farci raccontare l’atmosfera che si respira sul posto in questo mese mondiale.
Sindaco, siete pronti a festeggiare Cheddira?
«Certamente. Anche in base ai suoi impegni, lo riceveremo con tutti gli onori appena sarà possibile. Vorremmo creare un evento che sia un riconoscimento per le imprese di Walid ma anche un’occasione di aggregazione per tutti i nostri sportivi dilettanti. Cheddira può diventare un esempio da seguire per i più piccoli».
Che ragazzo è Walid?
«Una persona semplice, umile, che quando torna a casa si diverte ancora a giocare a calcio con gli amici di sempre. Lo conosco da tanti anni perché già durante il mio primo mandato, nel 2001, ho ricevuto la sua famiglia per parlare del tema dell’integrazione».
Ecco: c’è mai stato qualche problema a Loreto in questo senso? Razzismo, diffidenza...
«Assolutamente no. In termini di accoglienza, siamo una comunità sensibile. Abbiamo un milione di visitatori all’anno da ogni parte del mondo. I Cheddira sono loretani a tutti gli effetti. Il loro cognome in arabo si pronuncia in un altro modo, che non saprei ripetere, ma a Loreto sono Cheddira e basta».
Come avete vissuto le partite del Marocco?
«Tifando, ovviamente. A distanza abbiamo condiviso le emozioni di Walid, che è sempre stato appassionato di calcio ma non ha mai dimenticato i valori del rispetto e della fratellanza. Immagino quanta soddisfazione possa aver provato giocando per la sua Nazionale in un Mondiale. Peccato abbia saltato la semifinale per squalifica ma potrà rifarsi domani. La sua favola non è ancora finita».
Conoscendolo, tornerà diverso dal Qatar?
«Ne stavamo parlando qui in città in questi giorni. La mia certezza è che Cheddira non si monterà la testa e farà un’ottima carriera. E’ sempre stato caparbio e professionale. Il successo non lo cambierà».
I familiari come stanno gestendo tutte le emozioni?
«Facendo la vita di sempre. Il padre era un operaio e adesso si occupa ovviamente delle vicende del figlio, la madre lavora in una struttura sanitaria. Uno dei fratelli gioca a calcio nella Sangiustese, dove anche Walid è passato. Come le dicevo, è una famiglia completamente calata nella comunità loretana».
Lei ama il calcio?
«Moltissimo. Sono stato un portiere dilettante. Ma mi diverto ancora con il calcetto tra amici».
Per chi tifa?
«Juventus, non lo nego».
E alla finale del Mondiale?
«Per l’Argentina. Non solo perché è la squadra di Messi ma anche perché il gioco latino mi diverte di più».