Non si risana il calcio condannando Agnelli

Ripulirlo vuol dire lavorare seriamente per far sì che gli interlocutori delle società non siano personaggi appartenenti alla malavita
Non si risana il calcio condannando Agnelli© ANSA
Ivan Zazzaroni
2 min

ROMA - Se vogliono ripulire il calcio non è da Andrea Agnelli che devono partire. La prossima settimana sapremo se il Tribunale Federale Nazionale, ex Commissione Disciplinare, presieduto da Cesare Mastrocola accoglierà integralmente o solo parzialmente le richieste della procura condannando il presidente della Juve per “rapporti non consentiti” con gli ultrà. Sarà un momento importante e spiego perché.
Due premesse. La prima, doverosa: non nutro particolari simpatie nei confronti della Juve, né per Agnelli; la seconda: trovai subito eccessiva la richiesta di Pecoraro (due anni e mezzo di inibizione) ricordando che fino al 2014 chi taroccava partite, vendendole allegramente, e insomma commetteva illeciti sportivi poteva restare fuori al massimo quarantotto mesi.

Ripulire un calcio che soltanto tre anni fa si vedeva costretto a trattare in diretta televisiva con Genny la Carogna per portare fino in fondo una finale di coppa Italia (per pudore non mi pronuncio sul termine “bravata” utilizzato tre volte dalla Corte d’Appello per motivare lo sconto di pena a chi uccise Ciro Esposito); ripulirlo, dicevo, vuol dire lavorare seriamente per far sì che gli interlocutori diretti o trasversali delle società non siano personaggi appartenenti alla malavita.
Da anni ripetiamo che per rifondare il calcio occorre innanzitutto controllare gli accessi alle proprietà dei club e bonificare le curve - bonificarle seriamente -: qualcosa è stato fatto, ma è ancora pochissimo. Nelle sedi e negli stadi entra di tutto e molto spesso il clima all’interno degli impianti è frutto di compromessi: come ho letto tempo fa, “ci sono confini invisibili come quello tra un compromesso e un ricatto implicito”. Soprattutto nel calcio.
Nell’attuale operazione di riforma della Lega non dovrebbe peraltro essere impossibile creare anche una authority incaricata di una supervisione dei rapporti club-tifoserie per evitare nuovi interventi della giustizia ordinaria, come è successo in passato a Bergamo e, nel caso in discussione, a Torino.


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