I punti alla Conte e i pali di Roma

I punti alla Conte e i pali di Roma
Ivan Zazzaroni
5 min

Pali! Che sono freni, blocchi, limiti, barriere per i sogni, soglie. Troppi pali per un derby ugualmente divertente nel quale ho visto una gran bella Lazio e la Roma che mi aspettavo e che l’ha fatta franca: ai punti (e ai pali) ha perso. Fonseca non può fare miracoli, la società ha realizzato una campagna acquisti in evidente economia pensando ad aggiustare i conti e a liberarsi dei “pesi Monchi”, e non credo - spero di sbagliarmi - che Veretout (buono), Smalling, Zappacosta, Spinazzola e qualche altro acquisto (Kalinic, Mkhitaryan) possano sostituire con successo El Shaarawy, Manolas, De Rossi e Perotti, quando rientrerà: il gioco del portoghese si regge sugli equilibri e sulle linee strette e non può peraltro prescindere da due difensori centrali veloci (che adesso non ha: Rugani avrebbe riempito meglio una delle caselle). Anno zero doveva essere, punti due (su 6) sono prima della sosta.

Compiuta, intonata e sicura di sé, al di là delle rimostranze di Lotito catturate dalle telecamere, è invece la Lazio di Inzaghi che ha arricchito il 3-5-2 con i princìpi, i temi e gli uomini (Lazzari e Jony) che mancavano investendo sulla fase del palleggio senza rinunciare alla profondità (23 le conclusioni verso la porta di Pau Lopez, 7 nello specchio, 4 i legni centrati).

Alla Lazio non è riuscito per un palo, anzi quattro, il colpo da primato provvisorio. E’ andata molto meglio all’Inter che ha preso tutti i punti al Cagliari (brillante solo nella ripresa) e al Toro che ha vinto a Bergamo: Conte e Mazzarri hanno così raggiunto la Juve alla quale sono bastati cento minuti su 180 (40 a Parma e 60 col Napoli) e un po’ di fortuna per riaffermare la propria superiorità.

Questa sera alle dieci chiude il mercato lungo. A nome della redazione mi scuso con i lettori per le (poche, peraltro) piste sbagliate che abbiamo seguito. Allo stesso tempo mi complimento con i nostri per le (numerose) trattative che hanno svelato accompagnandole giorno dopo giorno fino alla chiusura. Non abbiamo mai improvvisato, troppe società si sono invece distinte per estemporaneità, fantasia e assenza di programmazione giocando su più tavoli e talvolta giocando sporco.

In quarant’anni di lavoro (il calciomercato è tra i pochi momenti in cui il giornalista sportivo riesce ancora a fare informazione) un caso come quello di Icardi non mi era mai capitato: ho provato in tutti i modi a cercare di capire cosa passasse per la testa di Maurito giungendo a questa conclusione: lui e Wanda si sono costruiti un piccolo mondo autosufficiente (ecosistema icardiano) che ha regole ai più incomprensibili. In effetti, passato dalla rabbia iniziale alla sete di vendetta da saziare, Maurito ha rifiutato l’impossibile: pur partendo dai 7 milioni lordi che gli dà l’Inter, non ha preso in considerazione i 12 (più commissioni alla moglie) del Monaco, i 10 della Roma, i 7 del Napoli, gli 8 dell’Atletico. Qualcuno gli ha addirittura prospettato la luna e le stelle, luna e stelle che non avrebbe mai raggiunto. Ha detto no anche a quelle. Per dirla alla Totò, a prescindere.

Paradossale, poi, la richiesta fatta attraverso il ricorso al collegio arbitrale: non la risoluzione del contratto, bensì il reintegro. Quasi a voler dire: voglio rompervi le scatole fino al giugno 2021, il resto - i soldi, la gloria, il riscatto personale - non mi interessa più. Le scatole non le romperà: mister Mediazione Marotta proverà a trovare un punto d’incontro in grado di portare in serenità le parti fino a gennaio evitando il collegio arbitrale e i collegi televisivi. 


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