Franck Ribery e la banda dei quattro

Franck Ribery e la banda dei quattro© AP
Ivan Zazzaroni
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Un tenore alla Scala. Trentaseienne, francese, da molti dato per bollito (a Firenze, ribollito) eppure ancora capace di acuti sensazionali, poiché in possesso di un registro calcistico non comune. Così come contro la Juve, Franck Ribery mi ha entusiasmato per la capacità di infondere fiducia alla squadra e per alcune giocate “assurde”. Musacchio ha anche provato a togliergli la voce ma si è auto-eliminato complicando ulteriormente il lavoro e l’esistenza di Marco Giampaolo, l’uomo sbagliato nel mercato sbagliato: paradossalmente, è molto più da Giampaolo questa Fiorentina del Milan che gli hanno cucito addosso toppando tessuto e misure. 
 
Montella si è goduto una vittoria piena: gli applausi di San Siro al tenore quando l’ha richiamato in panchina. Ribery sopra tutti, e poi ci sono quelli (o quelle) che stanno sotto. Sotto Inter e Juve, Atalanta e Napoli, intendo: sotto un quartetto nient’affatto casuale (al quale questa sera potrebbe aggiungersi il Toro). Sono le stesse squadre che occuparono i primi quattro posti a fine maggio: si sono semplicemente scambiati le posizioni, per ora.

Delle prime tre ha scritto ieri Alberto Dalla Palma sottolineando giustamente la bellezza dominante dell’Inter e i suoi nuovi numeri (Conte ha già portato 8 punti e 5 gol in più, subendone 3 di meno). Fin troppo evidente anche la superiorità di Juve e Atalanta su Spal e Sassuolo. Superiorità - sul Brescia - che il Napoli ha mostrato solo nella prima parte: nella seconda ha presentato il suo profilo peggiore - di straniamenti e incertezze - che avrebbe potuto fargli perdere altri due punti. Per come è stata concepita e per risultare vincente, la squadra di Ancelotti ha essenzialmente bisogno di tre cose: i centrali difensivi devono raggiungere in fretta una sintonia e una condizione generale quasi perfette, ma Koulibaly, Manolas e (alternativo) Maksimovic, peraltro infortunatosi, sono ancora distanti dal doppio obiettivo; e poi una buona tenuta mentale e una superiore efficacia sotto porta: dopo Firenze, l’eccezione, il rapporto tra occasioni create e gol segnati è di nuovo simile a quello, penalizzante, della scorsa stagione.

S’è risollevata la Roma. Il compito di Fonseca è quello di resuscitare un terreno inaridito creando un gruppo destinato a durare e abbattendo così le resistenze dei critici. Non gli è stato chiesto il risultato immediato, ma neppure lo spegnimento dell’illusione. A Lecce la Roma ha giocato con convinzione, doveva prendere i tre punti e li ha presi. Sempre sotto terapia della crescita Zaniolo al quale il tecnico ha temporaneamente tolto la titolarità: Fonseca lavora sul desiderio del ragazzo che ha una straordinaria forza nelle gambe, deve perfezionare la tecnica e, eventualmente, fingere umiltà, se proprio non gli dovesse riuscire di acquistarla.

Umiltà che la Lazio perde ogni due per tre: ormai ci ha abituati a un resistibile gioco di alti e bassi, il sospetto, forte, è che la squadra non abbia la testa necessaria per raggiungere l’equilibrio prestazionale. La speranza è che il bacio di Immobile a Inzaghi trasformi definitivamente il rospo in principe e - aggiungo - che un giocatore come Lazzari esca dal tunnel della timidezza e ritrovi gli accenti di Ferrara.

Domenica la Lazio giocherà a Bologna in una giornata di “comunione sinisiana”: troverà una squadra che nelle ultime giornate ha bruciato tre dei 9 punti potenziali (a Udine la prima partita totalmente sbagliata, forse è il caso di rischiare qualche giovane, tipo Olsen e Svanberg). L’assenza di un attaccante da doppia cifra è confermata da numeri impietosi: un solo gol in sei giornate tra Palacio, Santander e Destro.

La squadra che al momento mi diverte di più è il Cagliari: l’ho candidato a rivelazione stagionale, anche se l’infortunio di Pavoletti gli ha tolto alcune, importantissime soluzioni. Gioca con coraggio, si allunga senza problemi, gli schiaffi li prende e li dà: Nandez, Rog, Castro, Nainggolan, Cigarini, Oliva, Birsa e Ionita, un assortimento di centrocampisti da fare invidia, la vera ricchezza di Maran.

L’argomento arbitri lo lascio a Edmondo “SuperVar” Pinna che - immagino - avrebbe una gran voglia di prendersela con chi li designa. Eppure, pazientemente, si sofferma sugli errori individuali, alcuni imperdonabili, di una domenica di involuzione della specie.
 


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