Il sogno di Inzaghi e la lezione a Conte

Il sogno di Inzaghi e la lezione a Conte
Alberto Dalla Palma
4 min

Anche la Lazio entra di prepotenza nella lotta per lo scudetto: è questa la prima sentenza di un week end che può ridisegnare il vertice della serie A. Subito dopo la decima vittoria consecutiva di Simone Inzaghi contro il Napoli, l’Atalanta ha fermato l’Inter dando una bella lezione di calcio ai suoi avversari: in attesa di Roma-Juve, se la godono proprio i laziali, al termine di una settimana davvero indimenticabile. Dalla festa dei 120 anni, al gol di Immobile fino ad un sogno che può essere coltivato partita dopo partita (ce n’è una, contro il Verona, che deve essere ancora recuperata...): a differenza delle sue rivali, la squadra biancoceleste non ha impegni in Europa e questo può diventare un dettaglio determinante, soprattutto considerando che Inzaghi ha una rosa più corta di Sarri e Conte, pronti a scatenarsi sul mercato per guadagnare altro terreno.

Dopo la spettacolare vittoria del San Paolo, l’Inter è stata stregata da Gasperini nonostante il gol di Lautaro in avvio: sembrava la premessa di un’altra cavalcata, si erano aperti subito gli spazi per le ripartenze (stiamo con Capello...) di Lukaku e dello stesso argentino, invece l’Atalanta ha preso le contromisure e ha iniziato a giocare un calcio martellante, persino asfissiante, togliendo ogni riferimento alla squadra di Conte. I bergamaschi hanno avuto oltre il sessanta per cento del possesso palla, a conferma di un dominio incontestabile: l’Inter non ha perso per il gravissimo errore di Rocchi, ma soprattutto di Irrati, sul clamoroso fallo di Lautaro su Toloi a un metro dalla porta. Rigore ed espulsione: se il Var non è di aiuto in un’occasione così chiara e così facile, possiamo tranquillamente fare retromarcia e tornare all’indimenticabile moviola di Carlo Sassi nella DS in biancoenero. L’ultima pezza, in aiuto di Conte, l’ha messa Handanovic nel finale, parando un rigore a Muriel dopo il pareggio di Gosens: lo stop dell’Inter ha messo la Juve nelle condizioni di celebrare un altro sorpasso, ma è chiaro che anche per Sarri e Ronaldo la sfida contro la Roma, all’Olimpico, non sarà una passeggiata di salute.

Anche questa volta la vittoria della Lazio è arrivata nel finale. Un colpo di fortuna? Di certo una scellerata uscita di Ospina, che ha sfidato Immobile in un dribbling improbabile: il portiere dovrebbe fare solo il portiere e invece la gaffe del colombiano ha spalancato la porta davanti a Ciro, figuriamoci, uno che non ha nemmeso bisogno di favori per segnare. Il ventesimo gol dell’attaccante è stato salutato da una curva che aveva appena regalato uno spettacolo mai visto in uno stadio italiano: 120 anni di storia ripercorsi tra gli applausi di un popolo in festa. Vincenzo Paparelli e Gabriele Sandri angeli custodi dei successi biancocelesti, degli uomini-simbolo di una storia piena di emozioni. Mancavano, in questo fantastico percorso, le immagini di Umberto Lenzini e di Sergio Cragnotti, i presidenti dei due scudetti che Lotito aveva da poco definito «frutto del caso» (il primo) e «costruito su una gestione malsana» (il secondo). Padroni rimasti nel cuore dei tifosi, poco importa che siano stati oscurati: gli anni 1974 e 2000 non potranno mai essere cancellati da chi tramanda di padre in figlio una leggenda sportiva.

Si è avuta, ieri pomeriggio, più volte la sensazione che la Lazio stesse per cadere o, comunque, per interrompere la sua corsa clamorosa: il Napoli, nel secondo tempo, ha costretto addirittura Inzaghi a sostituire Caicedo con Cataldi perché in mezzo al campo aveva preso il possesso della partita. Gattuso ha nelle sue corde qualcosa, dal punto di vista tattico, che riesce sempre a mettere in difficoltà il suo vecchio amico Simone, già dai tempi del Milan. Un clamoroso palo di Zielinski, una grande parata di Strakosha su Insigne, poi il dono di Ospina a Immobile: anche contro l’Inter, il Napoli aveva regalato tre gol su tre ai nerazzurri, segnale evidente che il nuovo tecnico ha rimesso in ordine la squadra ma non le ha ancora ridato la tranquillità.

In un week end completamente dedicato alla corsa scudetto, bisogna ovviamente applaudire il vero ritorno di Ibrahimovic nel campionato italiano dopo il debutto della settimana scorsa a San Siro. Con Zlatan quasi al top, finalmente, il Milan è riuscito a vincere una partita: può darsi che pescando nel mazzo delle figurine, stavolta la società abbia pescato sul mercato quella giusta.


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