La nostra proposta: verifica Var, potere di richiesta alle squadre

Agli allenatori la facoltà di attivare il controllo, ma resti l’insindacabilità dell’arbitro
La nostra proposta: verifica Var, potere di richiesta alle squadre© LAPRESSE
Alessandro Barbano
3 min
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Aprire l’uso del Var all’iniziativa delle squadre. Consentire cioè a queste, attraverso una richiesta dell’allenatore all’arbitro o al quarto uomo, di ottenere una verifica delle immagini alla moviola. Così come si fa, in forme diverse, nel volley, nel tennis e nel basket. È l’unico modo per governare la giungla di decisioni controverse che segna il rapporto tra l’occhio elettronico e l’autonomia del direttore di gara. E che alimenta dall’inizio del campionato polemiche in Italia e all’estero.

Si tratta di una modifica regolamentare di tipo sostanziale, che non è nella potestà delle singole federazioni e richiede l’approvazione dell’International Football Association Board. Ma sarebbe una proposta che la FIGC avrebbe titolo di presentare e sostenere, poiché quello italiano è stato il campionato pilota nella sperimentazione del Var. E quindi ha tutte le credenziali per rappresentare anche un laboratorio di futuro.

Il Corriere dello Sport-Stadio propone che questa iniziativa venga valutata e discussa dalla Federazione e dalla Lega, dalle associazioni degli arbitri e dei calciatori e dal giornalismo di settore. E si fa carico di promuovere un’assise con tutte le componenti qui citate, perché si giunga in tempi rapidi alla presentazione di una modifi ca regolamentare.

La proposta che formuliamo si ispira a due principi: da una parte garantire alle squadre l’esercizio di un diritto di azione e tutela in costanza del gioco, oggi del tutto assente; dall’altra rafforzare il primato e l’insindacabilità della decisione arbitrale, oggi contesa tra chi l’assume in campo e chi la controlla dallo schermo del Var. In concreto proponiamo che ciascuna squadra abbia un numero limitato di richieste di verifica da avanzare: due per tempo, o tre nell’arco dell’intera gara. Una volta attivata la richiesta, l’arbitro avrebbe l’obbligo di visionare le immagini oggetto di contestazione, e di confermare, o piuttosto modificare, la decisione assunta in assoluta indipendenza. Ciò non escluderebbe la sua potestà di disporre autonomamente una verifica delle proprie decisioni, anche in assenza di una richiesta di parte, né escluderebbe la potestà del Var di segnalare all’arbitro circostanze sfuggite a lui e alle stesse squadre. In particolare l’occhio elettronico continuerebbe a certificare l’esistenza di eventuali posizioni di fuorigioco nelle azioni decisive.

Una simile architettura avrebbe l’effetto di rafforzare il ruolo del direttore di gara, sottraendolo alla subordinazione di un solo controllo esterno, vissuto dalla categoria arbitrale italiana con evidente disagio, e facendone il giudice di ultima istanza rispetto a tutti i protagonisti del gioco. Chiamandolo a decidere su richieste di parte, in ragione del principio di lealtà sportiva a cui il direttore di gara è vincolato più di ogni altro, la sua autorevolezza ne uscirebbe rafforzata. D’altra parte, garantendo alle squadre l’esercizio di un diritto di azione si depotenzierebbero le polemiche sulle decisioni non condivise. Sarebbe un modo corretto di governare le possibilità della tecnologia, avvantaggiandosene, piuttosto che risultarne travolti. 


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