Una prova di maturità

Una prova di maturità© Inter via Getty Images
Alessandro Barbano
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«Vogliamo tornare a giocare», dicono all’unisono i rappresentanti dei calciatori della Serie A, riuniti ieri sera in conference call dal direttivo del sindacato. Che bella sorpresa. La parte migliore di questo variegato universo sono loro. Hanno aperto a una decurtazione dello stipendio, hanno preteso che una parte del loro sacrificio serva a finanziare un fondo di solidarietà per gli atleti mal pagati e hanno messo sul piatto le loro vacanze estive pur di finire il campionato. Meritano una lode: la loro prova di maturità oscura le sortite di chi prova ad anteporre i suoi interessi di bottega a quelli dell’intera filiera del calcio.

L’auspicio, però, deve fare i conti con l’emergenza. Abbiamo atteso il picco per giorni e ci stavamo camminando sopra. Oltre la sua punta aguzza, capace di infliggere all’Italia mille morti in ventiquattr’ore, non c’era il lato scosceso che speravamo. Oggi sappiamo di brancolare su un altipiano del dolore, che potrebbe essere più lungo del previsto. Le vittime e i contagi scendono e risalgono, tenendoci con il fiato sospeso. Si naviga a vista: se l’epidemia non molla la sua morsa, la fine dei divieti è un azzardo.

Ma la chiusura del Paese rivela, ogni giorno di più, i suoi altissimi prezzi sociali ed economici. Una strategia d’uscita impone alla macchina sanitaria e alla politica di cambiare modulo. Fin qui abbiamo giocato in difesa, aspettando il virus barricati negli ospedali. Ora si tratta di sfidarlo a viso aperto nei luoghi del contagio Il cambio di passo prelude a un’apertura parziale dopo il 18 aprile. E’ questa una data della speranza. Da attendere rispettando le regole, ma incrociando le dita.

Per intanto la voce e l’esempio dei calciatori giunga ai presidenti dei club e alle istituzioni sportive. Smettetela di tirare il virus per la giacchetta.


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