Coronavirus, Lippi: "Lo Scudetto va assegnato sul campo"

Così l'ex allenatore della Juve e della Nazionale: "Sono contrario alle assegnazioni straordinarie di titoli e retrocessioni. "Oggi non ci sono le condizioni per giocare a calcio e probabilmente neanche tra un mese. Poi penso si giocherà a porte chiuse"
MARCELLO LIPPI - «Un gruppo dei migliori giocatori non fa necessariamente la migliore squadra».© AFPS
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VIAREGGIO - "Oggi non ci sono le condizioni per giocare a calcio e credo che non ci saranno neppure tra un mese. Ma quando sarà scongiurato questo grande pericolo, io credo che il campionato vada finito anche se a porte chiuse. Non è bello giocare senza pubblico, ma per lo meno vedere le partite in televisione sarà importante: sono contrario alle assegnazioni straordinarie dei titoli o delle retrocessioni, il campionato deve finire sul campo". Questa l'idea dell'ex commissario tecnico della Nazionale italiana, Marcello Lippi, sulla Serie A bloccata dall'emergenza sanitaria. "Questa situazione sta diventando lunga, troppo lunga, e si stanno prospettando momenti economici di grandissima difficoltà soprattutto per certe categorie di persone - ha aggiunto Lippi parlando degli effetti della pandemia in collegamento con Sky Sport 24 -. In Cina (dove il tecnico ha allenato anche la nazionale) hanno vinto questa battaglia contro il virus con grande rigore, soprattutto a Wuhan, e ora hanno potuto riaprire l'intera area e riavviare le attività".

Lippi: "Non tornerò a guidare l'Italia"

"Prima della finale del Mondiale 2006 contro la Francia ho visto nella squadra una grande convinzione: tutti pensavamo che fosse il nostro turno dopo i rigori del 1998 e il golden gol degli Europei 2000. Prima della finale di un campionato del mondo non si dice niente di particolare alla squadra - ha raccontato l'ex ct -. Con le sei partite precedenti si era creata una grande autostima, una grande sicurezza nei ragazzi: i giocatori non vedevano l'ora di andare in campo per vincere, come poi è stato. Tra l'altro dopo la semifinale con la Germania c'erano 15 mila persone attaccate al pullman per festeggiarci". Poi una battuta sul futuro: "Tornare ad allenare l'Italia? No, ho già dato - ha dichiarato Lippi -. Non ho più intenzione di allenare una squadra di club. Magari tra qualche mese, quando mi renderò conto che non ho più voglia di stare a casa, se capiterà una nazionale, magari non troppo lontana geograficamente, potrei anche tornare in panchina. Ma intanto speriamo che questo cavolo di virus la smetta di ammazzare le persone e poi vediamo".

Lippi: "Volli fortemente Montero, Nedved, Thuram, Buffon e Camoranesi"

"Il primo giocatore che ho voluto fortemente è stato Paolo Montero - continua Lippi raccontando un aneddoto sul periodo alla guida della Juventus -. Io lo avevo allenato all'Atalanta e dopo due anni alla Juve, parlando con Moggi, Giraudo e Bettega dissi: 'Io voglio Montero'. Loro mi dissero di chiamarlo. Lo chiamai e lui era a Milano e stava andando nella sede dell'Inter. Io gli dissi: 'Dove vai?'. Lui mi disse: 'Vado a parlare con l'Inter'. Io gli dissi di non andare e di prendere la macchina e di venire a Torino. E lui venne a Torino. Un altro giocatore che ho voluto fortemente è Nedved. Alla trattativa per Buffon e Thuram partecipai anche io, andai anche a Parma. Un altro giocatore che ho voluto fortemente è stato Camoranesi, perché quando giocammo con il Verona ci aveva fatto impazzire. Ci sono stati tanti giocatori che ho voluto fortemente".


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