Napoli e Roma: la prudenza esalta il talento

Napoli e Roma: la prudenza esalta il talento© LAPRESSE
Alessandro Barbano
3 min

Cerchi la ragione segreta del successo, in questo indecifrabile finale post Covid, e, guardando le vittorie di Napoli e Roma, ti chiedi se stia più nella condizione atletica o più nell’equilibrio tattico, o ancora nella personalità e nel carattere di quegli uomini squadra che, come Insigne e Mkhitaryan, fanno la differenza. Di primo acchito pare che vinca chi ha più fiato. In novanta minuti si giocano almeno due o tre gare diverse, perché nessuna squadra ha due tempi nelle gambe. Anche gli irriducibili di Gattuso, dopo il pareggio del Genoa, vagolano in una rilassatezza confusa. E rischiano. Ma dopo pochi minuti si comprende che hanno ancora birra in corpo. Tanto da spegnere il forcing rossoblù e ribaltare le sorti della gara. Se questo accade è perché il Napoli oggi è una squadra corta, compatta, in cui nessun cospicuo dispendio di energie fisiche avviene inutilmente. È il maggior merito di Gattuso. Il resto lo fa la diversa caratura tecnica dei suoi campioni che, contro i rossoblù da ieri in zona retrocessione, emerge in tutta evidenza. Ma se il tecnico non avesse sapientemente rinserrato le fila e regolato la giusta distanza tra i reparti, per cui quando Mario Rui va in penetrazione perfino Insigne sente il dovere di coprirlo, se questa responsabilità condivisa non fosse la cifra di tutto il gruppo squadra, non basterebbero le magie di un singolo a fare la differenza. Ed ecco la risposta alla domanda iniziale. Il balsamo alchemico della vittoria post Covid ha più ingredienti tattici di prima. L’idea che primeggi chi corre di più è un’illusione. In realtà vince chi corre il giusto e non spreca energie. Vince ancora chi fa meglio il possesso palla. Cioè chi ha un ordine tattico migliore. Ecco perché stanno soffrendo di più le squadre che fanno dei continui capovolgimenti di fronte la loro strategia. Penso all’Inter e alla Lazio, che in contropiede hanno costruito le loro fortune, ma che ora appaiono sempre troppo lunghe per non esporsi al rischio di subire. E penso alla Roma, che pure non è quello che si dice una squadra ordinata. E perciò non è neanche una squadra che riesce a fare un buon possesso palla. E tuttavia ieri ha corretto alcune ingenuità tattiche, posizionando Diawara davanti alla difesa a tre, ed è riuscita a depotenziare la capacità di percussione di un attacco parmense veloce e possente.

Fonseca l’ha spuntata a centrocampo, imbrigliando prima ogni tentativo degli ospiti di alzare il baricentro del gioco e poi colpendo con due lampi di alta classe di Mkhitaryan e Veretout. Il dubbio su un rigore negato al Parma per un tocco di braccio di Mancini, che pure la moviola sembra confermare, non toglie merito alla squadra giallorossa, che nel finale è stata più volte vicina al terzo gol, e che torna al successo dopo tre sconfitte. Se c’è una virtù che da questi risultati esce confermata, è la prudenza. Nella calda estate che riserva una gara ogni tre giorni, l’uso sapiente delle risorse ha fatto fin qui la differenza. E c’è da ritenere che la farà ancora di più nelle ultime sette giornate. Bando agli azzardi.


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