Milan e Inter, derby scudetto: Milano brucia

Il Milan con l’Atalanta, l’Inter a Udine, e fra tre giorni il quarto di Coppa Italia: anatomia di un derby infinito e da scudetto
Milan e Inter, derby scudetto: Milano brucia© Inter via Getty Images
Ivan Zazzaroni
5 min

Il Milan con l’Atalanta, l’Inter a Udine: il tema è il confronto a distanza tra la prima e la seconda, oltretutto a tre giorni dal quarto di finale di Coppa Italia, un altro derby, giusto per gradire. Se mi metto a pensare a cos’erano queste due squadre a settembre e cosa sono ora - tra analogie, diversità, curiosità e prospettive - non posso non sorprendermi.

Il Milan è passato due anni e mezzo fa da un cinese a un fondo, l’Inter sta per seguire lo stesso percorso, e le analogie finiscono qui: ce ne sarebbe anche un’altra, ma meglio evitare l’accusa di ineleganza. Chiarisco che non mi permetterei mai di paragonare gli Zhang (respect) a Jonghong Li: un minimo di buonsenso lo conservo ancora. Il Milan è stato ricostruito da Paolo Maldini (in parte anche da Boban), alla sua prima esperienza da responsabile tecnico, e da Frederic Massara, formatosi silenziosamente alla scuola di Walter Sabatini. Il voto (è di stagione), tra il 10 e l’11: non solo per Ibra, Theo Hernandez, Saelemaekers, Rebic, Tonali, Brahim Diaz, Hauge, Dalot e Kjaer, ma anche per Mandzukic e Tomori, giovane difensore forte e rapidissimo che l’estate scorsa era stato cercato invano dall’Everton («avrò fatto cinquanta telefonate, non lo davano, ma mi è andata bene con Godfrey»: sono parole di Ancelotti), rinforzi di gennaio che testimoniano la volontà di provarci sul serio.

Pioli, l’allenatore, si è finalmente liberato della “maledizione del secondo anno”: apprezzatissimo ed efficace nella prima stagione, ripetevamo, ma nel secondo va in difficoltà. Anche perché - aggiungo - Stefano è sempre stato colpevolmente aziendalista e il tecnico aziendalista - che fa con quello che gli viene dato e non si impone durante il mercato - nel calcio piegatosi al profitto non ha futuro. Sono peraltro convinto che il rapporto instaurato con Ibrahimovic l’abbia completato: professionista misurato, leale e preparato, uno che non cerca scorciatoie ma solo semplificazioni, Pioli ha trovato nello svedese una sorta di integratore naturale (soprannaturale, per dirla alla Zlatan) sul piano della personalità e del comando.

L’Inter è invece una singolare combinazione di previsto e imprevisto: si è affidata mani, piedi, testa e portafoglio (fin che ce n’era) a Antonio Conte, alla continua ricerca di miglioramenti tecnico-atletici, ma non è riuscita a soddisfarlo del tutto poiché l’estate scorsa è cambiata radicalmente la politica finanziaria della proprietà cinese. Da mille a zero: e non torno sulla storia dei ristoranti. Registro con stupore la voce proveniente da Madrid che segnala il Real Madrid intenzionato a riprendersi Hakimi se l’Inter non riuscirà a presentare le garanzie del pagamento della prima rata di 10 milioni.

Il Milan era partito per riconquistare un posto in Champions e adesso si ritrova in corsa per il titolo. L’Inter, per migliorare il secondo posto della scorsa stagione (e ho detto tutto) e andare più avanti possibile in Champions. Ma il calcio, si sa, è malandrino.

Fino a ieri avrei detto che l’Inter è potenzialmente più forte del Milan. Dopo gli arrivi del Mandzu, di Tomori, di un centrocampista in più (Meïté) e con Firpo ancora appeso a un nì, non sono più tanto sicuro che Pioli lavori con un materiale inferiore. Infatti, se mi fosse chiesto di estrarre dalle due rose un unico fiore, farei queste scelte risolvendola con un 4-3-1-2: Donnarumma; Hakimi Skriniar Bastoni Hernandez; Barella Brozovic Kessie; Calhanoglu; Ibra Lukaku.

Da un anno all’altro il Milan ha guadagnato 21 punti (43 contro 22), l’Inter invece è sotto di 5. Delle prime sette in classifica soltanto Milan e Napoli sono migliorate, tutte le altre hanno perso qualcosa o molto. Del Milan mi ha colpito innanzitutto la determinazione con cui punta sempre al risultato; dell’Inter la indiscutibile dipendenza da Conte, del quale è la più fedele delle espressioni. E poi ditemi: chi ha visto giocare Conte non trova che Barella sia il suo clone?


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