Lazio, il Sarrismo in contropiede

Lazio, il Sarrismo in contropiede© LAPRESSE
Ivan Zazzaroni
3 min

Le conseguenze del derby di Roma sono durissime e piacevolissime. Sorride largo oggi Maurizio Sarri che ha impiegato il primo della vita per conquistare i laziali e cancellare diffidenze e nostalgie, entrambe crescenti. L’ha giocato e vinto come avrebbe e ha fatto spesso il suo predecessore Inzaghi: ha rispettato, cioè, le caratteristiche della squadra, investendo sull’alta qualità di centrocampisti e seconde punte e azionando il contropiede di Immobile, quelle irresistibili cavalcate negli spazi aperti che l’hanno reso centravanti da Scarpa d’Oro.

Quando Ciro non segna, assiste (ieri per ben due volte); quando non segna o non assiste, sbaglia per troppo lavoro e dopo aver messo comunque in apprensione la difesa avversaria. È stato un derby ispido e bello, di emozioni forti, ritmi e frenesie da Premier, pesi e modalità differenti e inevitabili polemiche arbitrali: di gomiti troppo alti e decisioni non prese da Guida (Leiva su Mkhitaryan, e il giallo sarebbe stato il secondo, ma anche Mancini su Muriqi).

Un derby assai distante da quelli del “non facciamoci del male” che la Lazio ha meritato di vincere e la Roma avrebbe meritato di pareggiare. Lo riassumo così, anche se mi rendo conto di tralasciare episodi e particolari: subito venti minuti di superiorità laziale, e due a zero. Ritardata e a lungo inefficace la reazione della Roma, che nella ripresa ha cercato con più convinzione il pari, favorita dall’accentramento e dalla crescita di Zaniolo (strepitoso l’intervento di Reina sul suo diagonale): nel primo tempo Nicolò, tenuto largo a destra, era risultato periferico e poco cercato. La Lazio ha trovato al momento giusto il terzo punto, naturalmente in contropiede - o uscita rapida: cambia poco - e fallito in un paio di occasioni il quarto. Il rigore - discutibile - concesso alla Roma, alla quale ne era stato negato uno prima del gol di Pedro (Zaniolo affossato da Hysaj), ha reso il finale una sorta di esaltazione della frontalità cara a Mourinho.

Ribadisco ciò che avevo scritto nei giorni scorsi sulla Roma: gli esterni bassi rappresentano il lato debole quando si tratta di difendere; la coppia Veretout-Cristante soffre per lentezza l’aggressione e viene messa spesso in inferiorità: il francese, tuttavia, è indispensbile per personalità e volume di giocate; Abraham deve trovare il modo di evitare la continua condanna alle spalle alla porta. L’assenza di Pellegrini si è evidentemente avvertita in ogni istante e ogni movimento, oltre che nell’ultimo passaggio. Più definita e risolta è la Lazio, specie quando tiene il campo con coraggio e malizia: chi sostiene che Milinkovic-Savic e Luis Alberto non possano coesistere ha un’idea fin troppo elementare e superata del calcio. A costo di calpestare qualche regola tattica, Sarri fa bene a insistere sui quattro principi del palleggio ricco: Pedro e Felipe Anderson insieme ai due ai quali ho accennato. Certo, se avesse un Jorginho...


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