Caso arbitri, il teorema impossibile

Caso arbitri, il teorema impossibile© BARTOLETTI
Alessandro Barbano
4 min

Il rapporto tra arbitri e Var sta diventando come la celebre congettura di Fermat, cioè un teorema la cui dimostrazione è impossibile. È dal 1647 che ci si interroga sul perché non ci sono due numeri interi, elevati a una potenza superiore di 2, la cui somma dia un numero intero elevato alla stessa potenza. È da due anni che ci si interroga sul perché la somma tra una decisione sbagliata dell’arbitro e una correzione giusta del Var dia sempre un risultato ingiusto. Selezionatori, ex direttori di gara, giornalisti autorevoli hanno fornito ogni tipo di interpretazione, sciorinando regolamenti e precedenti «giurisprudenziali», senza cavarne un ragno dal buco. Lo stesso è accaduto alla nona giornata della serie A, quando la decisione di due arbitri, sommata a quella dei rispettivi Var, ha convalidato due risultati impossibili. Per cui se il primo è giusto, il secondo è sbagliato. E viceversa.

Ma stiamo ai fatti. A Milano, sul finale di Inter-Juve, Dumfries e Alex Sandro si contendono un pallone un pelo dentro l’area di rigore, all’altezza di un ginocchio. Entrambi allungano la gamba, lo juventino arriva un centesimo di secondo prima e colpisce la sfera, l’interista, in ritardo, con la punta del piede tocca la scarpa dell’avversario, che stramazza. L’arbitro Mariani è a due passi, vede perfettamente la scena e fa subito cenno con le mani di proseguire. Alla prima interruzione di gioco il collega del Var, Guida, lo invita a consultare le immagini. Mariani guarda il monitor e assegna il rigore, che Dybala trasformerà.

La vibrata protesta dell’Inter si fonda su un’argomentazione più volte ripetuta dai designatori: se l’arbitro ha visto il contatto ed escluso il fallo - si sostiene - il Var non può intervenire, perché la forza e la gravità dell’impatto è valutata sul campo e non può rientrare nel concetto di «chiaro e evidente errore», il solo che può autorizzare la correzione. Mariani ha visto e ha detto «proseguite!», perché Guida lo ha fermato? Il ragionamento che avrebbe fatto il designatore Rocchi, così come racconta il retroscena di Edmondo Pinna, non lascia spazio ai dubbi: il colpo di Dumfries sul piede di Alex Sandro non è un contatto, ma un calcio, cioè un fallo oggettivo, non interpretabile e non visto, quindi un chiaro e evidente errore. Guida va lodato e Mariani va promosso per aver corretto il tiro. Alziamo le mani.

Però all’Olimpico accade, qualche minuto prima, che Viña e Anguissa si avventino insieme sullo stesso pallone che traversa l’area di rigore, e, cadendo, il piede del terzino uruguaiano della Roma imbulloni letteralmente il tendine d’Achille del centrocampista del Napoli, che gli sta davanti, inchiodandolo nella corsa e facendolo precipitare. Anche qui l’arbitro Massa vede e fa segno di proseguire, nell’indifferenza del collega del Var, Di Bello. Ora, vi chiederete perché. Ci soccorre l’ennesima dimostrazione impossibile dei vertici arbitrali: quello di Viña è un contatto su una caduta, non un fallo di gioco, la valutazione dell’arbitro prevale sul giudizio del Var, che correttamente non interviene. Quello di Dumfries e Alex Sandro invece è un challenge, cioè una sfida a due, dove, chi arriva tardi, paga.

Pagano l’Inter e il Napoli, ma gli arbitri tutti assolti. O, se volete, promossi: Mariani, Guida, Massa e Di Bello. E mettiamoci anche il selezionatore Rocchi. Perché parliamo di cinque fischietti internazionali, la cui infallibilità somiglia a quella dei papi. Gli stessi che, ai tempi in cui Fermat scoprì il teorema impossibile, condannarono Galileo per la sua irritante insistenza sull’idea che la terra girasse intorno al sole. Sono passati quattro secoli e ci ritroviamo ancora assediati dai terrapiattisti e, da ieri, dagli «apodittici», una nuova corrente della filosofia sofistica applicata al pallone: per la quale un calcetto sulla punta del piede è un fallo oggettivo e una caviglia inchiodata dai tacchetti è una caduta accidentale. Roba da Fermat. O da Iene, che, non a caso, ci ridono sopra.

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