I campioni riassorbiti

I campioni riassorbiti© ANSA
Ivan Zazzaroni
4 min

Chi lo vince, ’sto campionato? è la domanda della strada, da giorni sempre la stessa. Da quanto tempo non accadeva che a metà marzo disponessimo di almeno tre risposte credibili? 

Chi vince il derby? è invece la variante romana: altrettante le opzioni, pareggiotto incluso. Ma mentre Sarri si presenta - secondo lo Special - con la sigaretta in bocca, “25 tituli” il sigaro lo utilizzerebbe volentieri come booster per alcuni giocatori spesso sfasati, spenti o poco qualitativi (effetto di un mercato con troppi padri non sempre individuabili). L’Olimpico è il campo centrale di una giornata meno ricca di quella che l’ha preceduta, nella quale erano impegnate le tre principali candidate al titolo. 

Parto dal Milan. Che a Cagliari ha dominato, rischiando solo nei minuti finali quando Pavoletti ha centrato la traversa: l’ostinazione e la lucidità con cui ha cercato la vittoria mi hanno riportato alla versione rossonera di inizio stagione, la più brillante. Anche se ho la sensazione che l’eccessiva attenzione posta al controllo di Bennacer, Kessie e al lato sinistro di Pioli da parte di Mazzarri l’abbia in qualche modo agevolato.  

Tre punti giusti il Milan e tre li ha meritati anche il Napoli. Spero che Spalletti non se la prenda, ma trovo il suo calcio, il suo eccellente lavoro, molto più risolto ed efficace di alcune sue uscite (c’è addirittura chi ci ha aperto una pagina Facebook). Ricordo una sua riflessione a microfoni accesi di cinque anni fa. Testuale: «Sembra che qui ti vogliano convincere che qui funziona così, che si può essere sotto il rendimento, il che ci può stare. Ma poi vedi un coinvolgimento quasi completo delle tue caratteristiche, c’è un po’ di forza, di carattere, di psicologia. Se queste componenti si abbassano insieme diventa un po’ più difficile, perché stasera o nelle partite precedenti la squadra ha abbassato la convinzione di avere forze sue, prima c’era totale convinzione delle proprie qualità. Si vede che poi non riescono a ritrovarle queste qualità».  

Questo per dire che talvolta, quando parla alla stampa, è da decrittare, ma quando si rivolge alla squadra sa essere diretto, chiarissimo e assai convincente. Ieri, durante l’intervallo, è arrivato al cervello e al cuore dei suoi che nel primo tempo erano stati quasi irritanti, lenti, confusi, inferiori all’Udinese. Il secondo l’ha infatti giocato un Napoli diverso, da primato, e non certo per il solo ingresso di Mertens al posto di Fabian. Spalletti ha caricato a molla Insigne e compagnia, indicando l’unico percorso in grado di condurli al successo: ritmo alto, precisione e verticalità. Osimhen, a tratti inarrestabile, ha aggiustato partita e classifica, ma sono stati Anguissa e Lobotka a migliorare il livello delle giocate e anche Insigne ci ha messo del suo. 

Unica delusione l’Inter. Ridurre la sua flessione all’assenza di Brozovic o all’effetto derby è fuorviante: la squadra ha lasciato sul campo 14 punti nelle ultime sette partite (delle ultime nove ne ha pareggiate cinque) ma soprattutto se ne è fatti recuperare 10 dal Milan, sempre dalla ventitreesima. Squadra stanca, spremuta? Questa spiegazione fornita dalla maggioranza degli osservatori non mi convince del tutto: Inzaghi dispone di numerose alternative di valore, segnalo a tal proposito gli ingressi nell’ultima mezz’ora - ieri - di Correa, Sanchez, Dimarco, Gosens e Caicedo, mentre Darmian, Gagliardini e Vecino sono rimasti incollati fino alla fine alla panchina e De Vrij, infortunato, al divano di casa. Sono sorpreso dal rendimento non eccezionale di Lautaro, mentre la discontinuità realizzativa di Dzeko, che comunque lavora tanto e con impegno, non è affatto una novità.  


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