Inter-Roma, arbitra Mourinho

Dopo aver frenato il Napoli, José tenta lo sgambetto ai campioni (ore 18). Giallorossi a San Siro: l’uomo del triplete può negare lo scudetto alla squadra di Inzaghi
Ivan Zazzaroni
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Sono trascorsi solo due mesi e mezzo, un tempo breve che però vale una vita nuova. Perché da quell’8 febbraio a Milano la stagione della Roma ha subìto una sorprendente accelerazione, è sensibilmente cambiata. In meglio. È corretto dire che la brutta sconfitta - più nell’atteggiamento che nel punteggio - nei quarti di coppa Italia con l’Inter ha avuto un effetto traumatico e allo stesso tempo terapeutico.

Il durissimo sfogo nel dopo-partita di Mourinho (che per la prima volta tornava a San Siro, pur se da avversario) del quale il nostro giornale rivelò con precisione contenuto, toni e coloriture, rappresenta senza ombra di dubbio il punto di svolta del campionato.

Ricordo le critiche più feroci rivolte alla squadra: la rinfrescatina giova alla salute e alla memoria. «Voglio sapere perché, giocando faccia a faccia con l’Inter, nei primi dieci minuti vi siete cagati sotto», così, di slancio. «E poi voglio sapere perché anche contro il Milan vi siete cagati sotto 10 minuti! Tutti, nessuno escluso». Ci fu dell’altro: «Voglio sapere perché da due anni vi mostrate piccoli contro le grandi. Se siamo piccoli gli arbitri ci trattano da piccoli! Trattano la Roma da piccola. L’Inter è una super squadra, voi l’avevate di fronte e invece di trovare le giuste motivazioni vi siete cagati sotto! Il difetto più grande di un uomo è la mancanza di palle, di personalità. Avete paura di partite del genere? E allora andate a giocare in serie C dove non troverete mai squadre con i campioni, stadi top, le pressioni del grande calcio. Siete gente senza palle. La cosa peggiore per un uomo!».

Detto che in serie C non apprezzarono, per una settimana nella capitale non si parlò che dello Special furioso. Che, incalzato, con signorilità confermò tutto.

Regalandosi un’ultima chance per rimettere in discussione l’annata, la squadra assorbì il colpo e, mostrando gli attributi, al successivo impegno pareggiò a Reggio Emilia con il Sassuolo, 2 a 2. Identico risultato ottenne all’Olimpico con il Verona, prima di vincere a Spezia, battere l’Atalanta, pareggiare a Udine, stravincere il derby, espugnare Marassi (verbo da secondo millennio, nda), imporsi sulla Salernitana e strappare un punto al Maradona con un secondo tempo di notevole spessore. In sostanza, una strepitosa progressione: dalle accuse del Grande Motivatore in poi, cinque vittorie e quattro pari in campionato, oltre alla conquista della semifinale di Conference League, torneo nel quale si registra l’unica sconfitta: 2-1 in Norvegia.

L’Inter prima e dopo nella danza delle identità provvisorie, dentro e fuori Mourinho: società e allenatore si apparterranno in eterno, anche al di là del triplete che ha fissato lo Special nella storia del club. Fino a pochi mesi fa l’Inter era tutta la sua Italia, gli amici, i luoghi, le rarissime uscite serali, l’ambientazione che distillava i sentimenti migliori. Poi sono intervenuti la Roma, Roma, l’intuizione di Dan Friedkin, lo spiazzamento dell’intero sistema, la capacità del tecnico di arrivare all’anima del tifoso.

“Come si calerà il guerriero di Sétubal nella città morbida e fatalista, lui che vive di tensioni e di sfi de sempre nuove?», si domandò Gancarlo Dotto in “Ave Mou”, il libro sul grande ritorno di Mourinho. «Sprofonderà giorno dopo giorno nelle lusinghe di una città che sotto i sampietrini, nasconde le sabbie mobili o avrà Roma adorante ai suoi piedi? Il mio pronostico? Roma ai suoi piedi, ma anche José ai piedi di Roma”. Così è stato: pronostico azzeccatissimo.

L’Inter è di nuovo il presente, l’incontro, la strada battuta di Mou che si riaffaccia a San Siro diventando - lui, protagonista per vocazione - arbitro dello scudetto: dopo aver tolto due punti e tante speranze al Napoli, può complicare la corsa di Inzaghi, per il quale la Roma costituisce l’ultimo ostacolo serio proposto dal calendario asimmetrico, una delle invenzioni più discutibili della Lega, seconda solo alla programmazione del primo maggio.

Arbitro il signor José Mourinho della sezione di Sétubal: una contraddizione in termini poiché va oltre la provocazione, visto il vivacissimo rapporto tra il tecnico e la categoria di cui fa parte il giovane Sozza, alla quale non ha risparmiato nulla e che nulla gli ha risparmiato.


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