Amadeus: "Porterò Mourinho a Sanremo. Ecco chi sarà decisivo in Inter-Roma"

Dal figlio José, chiamato così in onore del tecnico portoghese, fino al big match di San Siro: intervista al conduttore, grande tifoso nerazzurro, che ha rivitalizzato il Festival della canzone italiana
Amadeus: "Porterò Mourinho a Sanremo. Ecco chi sarà decisivo in Inter-Roma"
Francesca Fanelli
5 min

ROMA José si sarebbe chiamato così a prescindere. Era deciso. E anche se Giovanna gli “dava del matto”, alla fine ha dovuto cedere e ha pensato anche lei che quello fosse l’unico nome al quale entrambi avevano sempre pensato per il figlio in arrivo. Storia del 2008: il bimbo dell’amore nasce nel 2009 e si chiama proprio José come Mourinho, oggi fa il portiere ed è un ragazzetto che sa farsi valere. Inutile chiedersi da chi ha preso. Amadeus è così, dovreste conoscerlo. Sa come convincerti, insiste insiste e insiste e inevitabilmente gli dici di sì pensando di avere avuto la stessa idea dall’inizio. L’uomo della rinascita del festival di Sanremo è un interista convinto, la sua è una fissa vera. Il progetto che suo figlio - se fosse stato maschio ovviamente - si sarebbe chiamato in quel modo, di fatto un omaggio all’allenatore che più di tutti ha colpito il suo immaginario calcistico, è diventato realtà e a distanza di anni nulla l’ha messo in dubbio. 

Amadeus siamo a Inter-Roma. Che vigilia è? 

«Mi godo il momento, è un buon momento, le cose stanno andando molto bene. Ho visto il derby. I ragazzi sono tranquilli». 

Parla da mister, però oggi a San Siro l’avversario si chiamerà Roma. 

«Arriva Mourinho. L’emozione è tanta, non lo nascondo. Un allenatore che noi interisti abbiamo amato tanto, per il Triplete e non solo, per tutto quello che ha dato nei suoi anni all’Inter. Un allenatore amato e ricambiato da un intero popolo». 

Uno che non si dimentica. 

«No. La stima resta infinita. I miei amici romani e romanisti finalmente mi capiscono... Tutte le volte che ho parlato loro di Mourinho, che ho speso elogi e complimenti. Ora sanno a cosa mi riferivo». 

A cosa, lo dica anche a noi. 

«È un allenatore forte. Uno che sposa il club a cui si lega, che fa il tifo e che diventa il primo tifoso. Un grande comunicatore e un trascinatore unico. Ecco perché si ama». 

Tanto da chiamare un figlio con lo stesso nome? 

«Io in realtà seguivo Mourinho già dai tempi del Porto. Una volta, io e Giovanna, che era in attesa da pochi mesi, lo abbiamo incontrato su un volo per Lisbona. Lì ho deciso che mio figlio si sarebbe chiamato così. Lei mi ha dato del matto...». 

Non è l’unico legame con Mou, suo papà è nato lo stesso giorno dell’allenatore di Setubal. 

«Già, il 26 gennaio. Evidentemente era destino, in qualche modo le nostre vite si incrociano». 

Calcio a parte, Mourinho potrebbe essere un ospite ideale per il suo Festival? 

«In effetti, non ci ho mai pensato. Sarebbe un super ospite, mi piacerebbe. Aggiungo, avere sul palco di Sanremo sia Mourinho sia Inzaghi sarebbe bello. Intrigante e chissà che non accada». 

Metterebbe insieme passato e presente della sua Inter. Un copione perfetto.  

«Mourinho ha scritto pagine di storia dell’Inter, ma diamo a Simone Inzaghi quel che è di Inzaghi. Non aveva e non ha un compito facile, ma ha lavorato e sta lavorando sulla testa dei giocatori e la cosa funziona. Ora è la sua squadra, quella che voleva, gioca come vuole lui ed è in corsa su più fronti. Noi interisti crediamo in quel che sta facendo. L’allenatore è importante, ma anche la squadra lo è. Sempre». 

Un po’ come se fossimo in Formula Uno, giusto per citare qualcosa che in questi giorni sta emozionando gli sportivi di tutta Italia? 

«Già. La macchina può essere forte, ma lo deve essere anche il pilota che la guida. Se è forte solo il secondo, può ottenere dei buoni piazzamenti, ma non vincerà il mondiale».

Allora l’uomo decisivo di Inter-Roma per Amadeus? Ne ha uno? 

«Dico Dzeko che è un ex, per lui sarà di certo una partita speciale contro il suo passato recente, ma potrebbe non essere il solo. Mi viene in mente Calhanoglu, una bella punizione... non sarebbe una cattiva soluzione». 

 Detto questo: ha preso il biglietto per la partita? 

«Non andrò a San Siro. Sono in Toscana a seguire un torneo in cui gioca mio figlio...». 

Ah, José fa il portiere dell’Inter under 14, tifoso anche lui nerazzurro. Spesso siete insieme allo stadio. Un tredicenne che cresce bene. 

«Sì, il calcio è il nostro divertimento, una passione che condividiamo». 

Ma lei da papà-spettatore come si comporta alle partite di José? 

«Sto in silenzio. Mio papà è stato istruttore di equitazione, sono cresciuto con la passione per lo sport che deve essere sana competizione, che deve lasciare liberi tutti di esprimersi. Non potrei mai commentare o dire qualcosa a bordo campo, evito nel modo più assoluto. Non sarei io». 


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