Serie A, una stagione a due velocità

Serie A, una stagione a due velocità
Alberto Polverosi
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Abitudinari e tradizionalisti come siamo sempre stati, aspettavamo il giorno del calendario per iniziare a immaginare il campionato. Era tutto chiaro fin dal sorteggio, date, orari, incontri di cartello come li chiamavano una volta. Poi sono arrivati gli anticipi, i posticipi, i lunch-game, gli snack-game (la merenda delle 18), le partite di lunedì, così anche i parrucchieri potevano andare allo stadio o mettersi davanti alla tv, le partite di venerdì e non si sono fermati qui. L’anno scorso, altra abitudine rovinata con il calendario sfalsato. Se la prima gara del girone d’andata si gioca contro la Juve, la prima di ritorno si può giocare contro chiunque e andrà così anche nella prossima stagione. Ma se l’uomo del mondo ha la straordinaria capacità di adattarsi a tutto, figuriamoci l’uomo del calcio. Tuttavia quest’anno sarà messo a dura prova. 

Si comincia prima di Ferragosto, ci si ferma per un mese e mezzo ben prima di Natale, il 13 novembre, dopo 15 giornate, con Juventus-Lazio, si riprende il 4 gennaio con Inter-Napoli e si finisce il 4 giugno senza scontri di vertice (o almeno così si può immaginare adesso). Anche sul mercato, meglio muoversi in fretta. In 92 giorni, tanti ne trascorreranno dal 13 agosto al 13 novembre, le squadre impegnate anche nelle Coppe europee giocheranno 21 partite, la Fiorentina (se supererà i play-off della Conference League) arriverà a 23, le 12 che dovranno passare dai sedicesimi di Coppa Italia si fermeranno a 16 gare. In mezzo, tanto per non farci mancare niente, anche due partite di Nations League. Entro tre mesi sapremo quasi tutto, chi può davvero puntare allo scudetto, chi si è qualificato negli scontri diretti delle coppe, chi è già fuori, chi ha deluso, chi rischia la retrocessione, chi può ancora sperare in un recupero. E poi ci fermeremo, tutto d’un colpo. Un’orgia di partite che sfocia nel silenzio più assoluto. Una sosta invernale moltiplicata per tre. Certo, c’è il Mondiale, però per gli altri. Noi non partecipiamo, siamo solo spettatori.  

Anche questo, purtroppo, è già capitato, ma in una situazione temporale diversa. In Russia il Mondiale è iniziato quando in Italia il campionato era finito e così anche le coppe, quel Mondiale è stato una triste distrazione estiva per noi. Questo invece spacca a metà la “nostra” stagione, come se ci fosse un torneo di Apertura e uno di Clausura. Colpa nostra, sia chiaro, siamo noi gli esclusi dal Qatar. Quando ripartiremo, a inizio gennaio, faticheremo a ricordarci a che punto eravamo rimasti. Ci soccorrerà la classifica, ma dovremo riprendere il filo di ogni squadra. Se a metà novembre la Juve, il Milan o l’Inter erano al top della condizione, non possiamo essere certi che lo siano anche 50 giorni dopo. Almeno la Liga riparte una settimana prima, in Spagna si gioca anche a Capodanno. Da noi lo festeggiamo senza pallone. 

Sarà un duro (e nuovo) lavoro per i preparatori atletici. Ogni squadra dovrà fare una doppia preparazione, estiva e invernale, le più forti (che manderanno più di un rappresentante al Mondiale) dovranno gestire una preparazione diversificata. Non sarà facile riportare tutti sullo stesso piano. Se la Coppa d’Africa, che si gioca in inverno, può essere un riferimento valido allora è un guaio serio. L’anno del triplete interista, quando Eto’o (non uno qualsiasi) tornò dalla Coppa del suo continente, Mourinho lo portò in panchina per più di una partita per fargli riprendere la condizione. Ma basta restare anche al campionato scorso: dopo aver vinto l’ultima Coppa d’Africa, Koulibaly ha avuto nel Napoli una evidente flessione come rendimento.  
Sarà un grande Mondiale, clima qatariota permettendo, perché per la prima volta i giocatori non arriveranno da una lunga stagione stressante, avranno solo tre mesi di partite nelle gambe, i commissari tecnici non dovranno fare i conti con la condizione atletica, potranno scegliere liberamente. Ma a noi, in Italia, resterà la sensazione di uno spettacolo interrotto, spettacolo di dimensioni ridotte, ma è pur sempre il nostro. Accadrà quest’anno e si spera mai più. 


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