Petkovic esclusivo: "Ora sarei buono per il Bologna"

Il centravanti croato: "A Zagabria sono rinato, questione di maturità. Quanti errori in Italia... Potrei tornare, sfidando me stesso"
Petkovic esclusivo: "Ora sarei buono per il Bologna"© ANSA
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di Claudio Beneforti

BOLOGNA - Bruno Petkovic, prima di tutto devo riconoscere di aver fatto una valutazione sbagliata sia sul tuo conto che sulla scelta di Riccardo Bigon di portarti al Bologna.
"Perché, mi avevi preso per una mezza pippa?".

No, questo no, diciamo che ti consideravo un mezzo giocatore, che di conseguenza avrebbe fatto fatica a stare in serie A.
"Come d’altra parte è stato. Ci hai preso, se a un certo punto ho deciso di lasciarla e tornare in Croazia".

Dove stavi facendo addirittura il fenomeno prima che il campionato si fermasse.
"Ma sai, qua nel mio Paese sono tornato a essere quel ragazzino che prometteva tanto prima di arrivare al Catania".

Il che significa che l’Italia almeno in parte ti ha... rovinato.
"Ci ho messo tanto anche del mio, come potrai capire più avanti: ho fatto tanti errori, ritenendo non importanti componenti che lo erano e dando ascolto a tanti miei desideri".

Quali, ad esempio?
"Lavorare sulla tattica mi sembrava tempo perso, era sempre una grande noia. Poi la mia alimentazione, che solo in taluni momenti era corretta".



Con Maran, che era l’allenatore di quel Catania, che rapporto avevi?
"Un buon rapporto, e lo avevo bello anche con la squadra. Soprattutto con Maxi Lopez e Legrottaglie, con i quali sono ancora amico. C’erano Papu Gomez, Barrientos, Bergessio, Almiron, tutti giocatori forti. Quello era un grande Catania".
Che tu volesti lasciare per trovare spazio con continuità.
"Mi mandarono in serie B al Varese, dopo 10 minuti della prima partita feci gol, poi..."

Poi?
"Cominciarono i problemi con l’allenatore. Se non sbaglio si chiamava Stefano Bettinelli".
Immediatamente? Come è possibile?
"Lascia stare, aveva idee che non capivo".

Poi sei passato alla Reggiana in serie C, successivamente ti ha preso l’Entella, e dovunque sei andato, le ombre hanno battuto le luci. Non sarà stato sempre colpa di quegli allenatori.
"Certo, non l’ho mai detto e non l’ho neanche mai pensato: le colpe maggiori erano le mie. Ma io sono un tipo particolare; per fare bene devo credere in quello che faccio, altrimenti finisco per lasciarmi andare".



Allora facciamo un applauso a Serse Cosmi che a Trapani ti ha consentito di esplodere.
"Facevamo il 3-5-2, e Cosmi mi lasciava libero di muovermi su tutto il fronte dell’attacco. Nel Trapani mi sono sentito e mi hanno fatto sentire importante, avvertivo in ogni momento la fiducia sia dell’allenatore che dei miei compagni. Che quando erano in difficoltà mi davano la palla ed è come se dicessero “dai Bruno, pensaci tu”. E io ci pensavo e determinavo. Per la gente di Trapani ero un idolo".

E’ solo un’impressione, o hai qualche rimpianto per non aver conquistato il Bologna?
"E’ una grande piazza, fin dal primo giorno ho fatto il possibile per dimostrare di meritarla. Credimi, già a Bologna ero cresciuto mentalmente e deciso a fare sacrifici, sapendo che questo treno avrebbe potuto portarmi lontano"

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