Bologna, Ferguson esclusivo: “Con Motta il salto di qualità”

Lo scozzese parla delle sue origini, dell’Europa e della sua mentalità: "Ho preso da papà. Contro l’Atalanta sarà una sfida fisica, vogliamo vincere"
Bologna, Ferguson esclusivo: “Con Motta il salto di qualità”© FOTO SCHICCHI
Giorgio Burreddu
13 min

Dovevate vedere la faccia dello staff comunicazione rossoblù quando a Lewis Ferguson abbiamo provato a tendere la trappola: allora resti anche l’anno prossimo? Suspense, oooh, risposta: «Sì, resto». Niente è indistruttibile nel calcio, ma sembra proprio che tra questo scozzese con la pettinatura ordinata e il carattere ostinato («La mia forza è la mentalità») sia scoccata la scintilla. La figlia Lake è nata sotto le due torri ("E’ bolognese. Prima io e Lauren stavamo più in relax, adesso il rumore è aumentato ma è tutto più bello", sorride Lewis), la città gli è entrata nel cuore. E allora i corteggiamenti di Milan, Lazio, Juve, Premier, grandi club? "Rumors - alza le spalle Lewis -, è bello saperlo, per la mia carriera voglio giocare al più alto livello possibile per più tempo possibile". Che sia di buon auspicio questo Atalanta-Bologna delle meraviglie, sfida tra intensità e idee di calcio. Di là Gasp, di qua Thiago. In mezzo settepolmoni Ferguson. "Mi ricordo l’andata, fu una partita molto fisica, potente, intensità alta. Mi aspetto una gara del genere". 

Per voi può valere la svolta. 
"Ogni partita è uguale, le dobbiamo affrontare tutte con la stessa mentalità. A Bergamo ci andiamo per vincere, concentrati, intensi e aggressivi. Se poi va bene, pensiamo al resto". 
 
Cioè all’Europa? 
(ride) "Naturalmente è possibile e naturalmente è difficile, complicato. Siamo concentrati sempre sul prossimo match. Alla fine vedremo quanti punti avremo fatto". 
 
Cosa ha trovato a Bologna? 
"Qui sto crescendo, migliorando. E più resto qui e più divento un giocatore migliore". 
 
Ma le coppe sono un fattore decisivo per un giocatore. 
"Certo, ovviamente. Penso che ogni calciatore voglia giocare la Champions, io non faccio eccezione. Non è tanto importante la squadra, ma il più alto livello. È quello il mio obiettivo". 

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Perché la parola Europa a Bologna non si può pronunciare?  
"E’ un obiettivo che sarebbe bellissimo per il club. Noi ci pensiamo, quando sei lì è normale. Ma non vogliamo parlarne per non deludere nessuno". 
 
Sentite pressione intorno a voi? 
"Quello che sentiamo in questo momento è un feeling positivo, è bello essere supportati dai tifosi, utile per noi che dobbiamo trasferirlo in campo".  
 
Thiago Motta in che dimensione vi ha portato? 
"Quando è arrivato non venivamo da un periodo molto buono. Lui ha portato un cambio di mentalità, coesione, positività, ma anche grandi allenamenti fisici. Siamo migliorati tanto. Ha portato il salto di qualità". 
 
Lo ha mai visto arrabbiato? 
"Certo, ovvio". (e ride) 
 
E com’é? 
"Eeeh... Nell’intervallo o dopo una partita che ci è andata male l’abbiamo visto arrabbiato, sì. Per esempio contro l’Udinese, sia all’andata sia al ritorno".

Lavora sulla testa? 
"Anche. Poi la fiducia te la danno i risultati, quando vinci le partite vai da solo". 
 
Il calcio di Motta è iper tattico o libero?
"Entrambe le cose: tattica e libertà. Lui cambia molto, ogni partita è preparata in maniera diversa, con tante soluzioni. Guarda molto alla tattica, ma la libertà ce la lascia, soprattutto davanti, non ci ingabbia con movimenti specifici, ci lascia liberi di muoverci e di trovare soluzioni offensive". 
 
E’ vero che non vi dice la formazione fino all’ultimo? 
"Fino al giorno della partita. Di solito. Durante la settimana ci alleniamo, ma poi il mister cambia spesso le casacche, non sappiamo niente". 
 
E per un giocatore è uno stimolo? 
"È una cosa che ti tiene concentrato, ti aiuta a tenere alta l’attenzione. Se smetti di allenarti in maniera dura non giochi". 
 
A proposito, tra Arnautovic e Motta c’è feeling? 
"Non lo so". 
Vi manca Marko? 
"Naturalmente sì, ovvio che ci manca. È un grande giocatore, ha avuto problemi fisici, è molto dispiaciuto. Ma sappiamo che tornerà più forte di prima. Abbiamo bisogno di giocatori come lui e non vediamo l’ora di averlo". 
 
Intanto ai gol ci pensa lei, già 4.  
"Però non mi piace mettermi dei traguardi. Non mi sono dato un numero. Voglio farne il più possibile". 
 
A lei chi gliel'ha insegnata la mentalità vincente? 
"Papà. Devi avere una mentalità forte, ti può portare lontano: questo è quello che mi ha sempre detto". 
 
Anche il suo agente, Billy McMurdo, dice che lei ha un’autostima incredibile 
"Perché vengo da una famiglia di calciatori, mio padre e mio zio sono stati professionisti, ho preso l’esperienza da loro, sono cresciuto in questo clima". 
 
Per lei è stato un peso avere un padre e uno zio calciatori di alto livello? 
"In Scozia sì, sentivo più pressione, ma positiva: erano tutti e due buoni giocatori e io dovevo spingere per arrivare a quel livello. Ora per me è un piacere. Di mio padre ricordo poco, ero piccolo, ricordo di più mio zio, che giocava nei Rangers, la squadra per cui facevo il tifo. Lo andavo a vedere ogni settimana". 
Dai Rangers sono passati anche Rino Gattuso e Marco Negri. 
"Sì, certo. Con Marco ho parlato, mio padre aveva il numero di telefono, mi ha dato consigli, mi ha detto: “Se hai bisogno, io ci sono”. E’ stato gentile". 
 
I suoi idoli? 
"Lampard. Però non l’ho mai incontrato. E poi mio padre e anche zio Barry".  
 
 Consigli gliene hanno dati? 
"Una volta me ne davano tutti e due. Erano molto presenti, adesso mio padre si è rilassato, mi lascia andare da solo". 
 
Vengono a trovarla? 
"Mio fratello Ross è stato qui fino a due giorni fa (Lewis ha anche un altro fratello, Darren ndr), ha visto la partita con l’Udinese. I miei genitori verranno per la partita contro il Milan". 
 
Chi l’ha voluta qui? 
"Sartori ha contattato il mio agente in estate, è successo tutto molto in fretta".  
All’inizio però non è stato facile. 
"No, è stato difficile, avevo cambiato paese per la prima volta, ero nuovo, la mia compagna era incinta, era difficile l’adattamento, la lingua, stare concentrato. Quando è arrivato Motta ho cominciato a crescere, a sentirmi meglio, più a mio agio, a sentirmi più importante in campo, mi ha dato chance e... tutto bene". 
 
Cos’è successo al calcio scozzese, perché questo boom? 
"Ci sono sempre stati buoni giocatori in Scozia. Avevamo solo bisogno di opportunità, di giocare in grandi palcoscenici per dimostrare il nostro valore. La nostra forza di noi scozzesi è l'etica del lavoro". 
 
Il suo rapporto con la Nazionale? 
"Voglio giocare per il mio paese il più possibile, più gioco qui e più possibilità ho di essere chiamato in nazionale. Sogno un Mondiale con la Scozia". 

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