Bologna, la lezione di Italiano a Thiago Motta: i punti pesano di più

La squadra rossoblù ha finalmente trovato la sua identità. E alla vigilia di Natale la scommessa del nuovo tecnico sembra vinta
Claudio Beneforti
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Qu ando uno stesso numero ha un peso diverso. Guardi la classifica del Bologna di ieri e quella del Bologna di oggi e ti accorgi come dopo 16 partite di campionato (i rossoblù devono recuperare quella del Dall’Ara contro il Milan) entrambe abbiano messo insieme 28 punti ma quelli di oggi sono figli di una realtà diversa e più complicata, tanto da renderli di una valenza superiore. Ora, non per voler continuare a fare confronti tra il Bologna di Thiago Motta e il Bologna di Vincenzo Italiano, ma ci sembra opportuno dare merito a Vincenzo, che ora è legittimamente apprezzato da tutta Bologna dopo che l’ha conquistata con i risultati, ma ci ricordiamo la diffidenza, le perplessità e le critiche con le quali ha dovuto convivere nei primi mesi, quando il popolo rossoblù avrebbe dovuto soprattutto ringraziarlo non fosse altro per il coraggio, perché di solito un allenatore, per non correre rischi, preferisce andare a lavorare in una squadra dove il collega precedente ha alle spalle un’annata di stenti mentre Italiano ha risposto subito sì al Bologna, caricandosi sulle spalle un’eredità molto scomoda dopo che i rossoblù si erano guadagnati un posto in Champions League. Che voleva dire questo: il suo Bologna poteva fare solo peggio. 

Bologna, il confronto tra Italiano e Motta

Poteva, ed ecco il motivo per il quale Italiano merita un applauso per quello che ha fatto fin qua. Non dimenticando anche il grande lavoro della società e della squadra, che si è messa da subito a sua disposizione. Nonostante che l’allenatore che vince lasci nei calciatori concetti e strascichi che non puoi cancellare di colpo, anche perché quando le cose vanno bene sembra che quello che hai fatto sia tutto giusto e quando non vanno bene finisci per credere che ciò che fai possa essere sbagliato e che solo tornando a fare quello che facevi puoi di nuovo fare risultati positivi. Sì, Italiano ha dovuto prima di tutto convincere il Bologna sulla bontà del proprio lavoro, perché magari inconsciamente c’è anche chi ha impiegato più di altri a calarsi nella nuova realtà. Detto che sia Italiano che Thiago pretendono la stessa intensità massima sul lavoro è lecito aggiungere come il primo parli in continuazione mentre il secondo parlasse poco, di conseguenza la squadra ha dovuto abituarsi ad un approccio diverso con il proprio tecnico. Una squadra che nel frattempo aveva perso Calafiori, Zirkzee, Saelemaekers, Ferguson e per certi versi anche Aebischer ed El Azzouzi rispetto al campionato passato, poi Cambiaghi subito per la rottura del crociato e non ha avuto a disposizione per guai fisici Holm. 

Bologna e la Champions

Tutte queste assenze hanno costretto Italiano a non dover fare fino in fondo le rotazioni che avrebbe potuto fare tra campionato e Champions League. E questa è un’altra differenza notevole rispetto all’annata scorsa: in pratica mentre Thiago ha avuto sempre una settimana di tempo per preparare le partite, spesso il Bologna di Italiano ha dovuto giocare ogni tre giorni, facendo a volte di necessità, virtù. Certo, anche in Champions League, che il Bologna non giocava da 60 anni e per la quale tanti (e qualcuno anche a Casteldebole) avevano preso la residenza su una nuvoletta magica dalla quale hanno fatto fatica a scendere. A proposito della Champions va fatta un’annotazione: al di là dei risultati, Italiano è come se l’avessa fatta diventare per il Bologna un valore aggiunto per la consapevolezza e per l’abitudine a vivere partite di più alto spessore che gli ha regalato, e queste sono componenti che poi la squadra ha traghettato in campionato. 

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