Diego Della Valle, intervista esclusiva: il testamento calcistico

La verità sulla Fiorentina raccontata al Direttore del Corriere dello Sport-Stadio: «Ho venduto per amore»
Diego Della Valle, intervista esclusiva: il testamento calcistico
Ivan Zazzaroni
5 min

Diego Della Valle apre il testamento calcistico alle venti e trenta di un caldo mercoledì di giugno, siamo nel suo quartier generale, a Milano. Lo chiuderà intorno all’una e un quarto, e in poco meno di cinque ore di parole, riflessioni e frammenti di intimità, si saranno fermati a cena, virtualmente e solo per un istante, il tempo di una battuta, i protagonisti di mezzo secolo di storia dell’imprenditoria, della moda e della finanza internazionale, oltre che del calcio italiano.

La sala è al terzo piano dell’elegantissimo palazzo di Corso Venezia, il cui arredamento ha subìto più di una trasformazione. Dalle linee di De Padova in avanti, è un’esibizione di eleganza, legno, resine, ordine, irrequietezza anche, l’insistente ricerca della perfezione. Condividiamo tavola e sensazioni con due testimoni, Michele Lupi, 54 anni, l’ex direttore di Rolling Stone, GQ, Icon e Flair, oggi figura centrale nella comunicazione del Gruppo, e Giovanni Micucci, il figlio trentatreenne di Oscar, il cugino, morto dieci anni fa, a cui Diego era particolarmente legato. Giovanni, che per Diego e Andrea è molto più di un nipote, lavora in azienda e subito mi accorgo che somiglia in modo impressionante a Bruno Astori, il fratello di Davide.

L’ultima notte da presidente. Commisso è un argomento ricorrente nei suoi discorsi, ma entra ed esce con una frequenza sospetta tra il riso al salto, la milanese e la mousse al cioccolato. «Avevamo tre o quattro soluzioni, abbiamo scelto quella che ci sembrava la migliore - chiarisce Diego - Rocco ha alle spalle JP Morgan, peraltro. Andrea voleva vendere, io la Fiorentina l’avrei tenuta... Sono stati diciassette anni pieni, quest’ultima fase, da febbraio, quasi drammatica e inspiegabile. Inspiegabile quanto il comportamento di Stefano (Pioli, ndr), le sue dimissioni ci hanno sorpreso. Stefano è una bravissima persona e un ottimo tecnico, per noi era l’ideale, se non se ne fosse andato l’avremmo tenuto, Andrea ed io eravamo d’accordo su questo punto. Mancavano meno di due mesi alla fine del campionato, c’era tutto il tempo per prolungare il contratto, dal nostro punto di vista il rapporto di fiducia non si era esaurito. In seguito Montella ha trovato una squadra svuotata, eppure i valori tecnici non mancano: Chiesa, Veretout, Pezzella, Muriel, Biraghi. Stefano proprio non l’ho capito, si sarà spaventato, il comunicato di risposta alle sue dimissioni l’ho voluto scrivere personalmente, anche per salvaguardarne l’immagine di fronte alla città, così come giorni fa ho scritto di mio pugno la lettera ai tifosi. Alle tre di notte, e mi trovavo nella mia camera a New York. Le correzioni, perfino i punti e le virgole, ho voluto che nessuno le toccasse, erano dei pensieri che dovevo trasmettere a una città che merita la giusta attenzione. Firenze è una realtà a parte, i tifosi sono tra i migliori d’Italia, ogni tanto qualche lenzuolo di protesta ma niente di più. A parte le tre, quattro piazze dormienti della Serie A mi dica lei quale piazza ha una tifoseria migliore… Certo, io non mi sento di dover fornire spiegazioni a nessuno. In particolare non le devo a chi ha cercato a più riprese di avvicinarsi a noi con suggerimenti, consigli, linee da dettare. Abbiamo sempre fatto di testa nostra, in piena autonomia. In diciassette anni abbiamo messo quasi 300 milioni nella Fiorentina, per la precisione 285. Bilanci corretti, numeri chiari e documentati, non siamo mai ricorsi ad artifici quali plusvalenze gonfiate e altro. Se dovessi dare un voto a questa avventura, un voto tutto mio, per le emozioni e le soddisfazioni vissute, starei serenamente tra il 7 e l’8".

L'intervista completa sul Corriere dello Sport Stadio in edicola


© RIPRODUZIONE RISERVATA