Commisso: "Il mio sfogo? Non sono pentito, voglio un altro calcio"

Il patron della Fiorentina: "La mia esternazione non era rivolta alla Juventus L’ho detto subito, voglio una maggiore uguaglianza nel metro di giudizio da parte degli arbitri..."
Commisso: "Il mio sfogo? Non sono pentito, voglio un altro calcio"© Getty Images
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Piazza Ognissanti, 10.50, in mezzo la scultura dove bambino mi fermavo incantato per ore, Ercole che aff ronta il toro. Una delle sue «fatiche». Il cielo è un lenzuolo azzurro, di lato la chiesa che ospita la crocifissione sospesa di Giotto. Da togliere il respiro. Entriamo nell’hotel che ospita Rocco Commisso. Cinquantasette minuti per raccontarsi. Lui e la battaglia, non contro la Juve (anche se con Nedved non sarà mai amicizia) ma per un calcio più equo, per meno «interpretazioni» arbitrali, il rispetto per Firenze, dal prossimo anno il desiderio di vincere, di portare qualcosa ai tifosi, pulizia, etica, amore, ma anche qualche soddisfazione. Rocco e... i suoi fratelli, i fiorentini ai quali raccomanda misura, ironia, amore. E annuncia che non è pentito di niente e che continuerà la sua battaglia, fi no in fondo. Come Ercole contro il toro.

Rocco Commisso, lei, in sette mesi ha già investito 300 milioni di euro.
«Se ci mettete dentro anche i bonus, sono pure di più (ride, ndr). Io sono uno istintivo: è sempre andata bene così e anche questa volta sarà uguale». [...]

Lei ha ribadito che il suo non è stato uno sfogo “a senso unico”, contro i bianconeri.
«Lo confermo. Non si è trattato di una esternazione “ad personam”, rivolta alla Juventus. L’ho detto subito, l’ho fatto per il calcio italiano, che poi è quello che viene esportato nel mondo. Su ESPN, per esempio, queste incongruenze nel metodo di giudizio sono state sottolineate in diretta, prima ancora delle mie parole. Ci sono stati dei fatti ed io sono intervenuto per difendere gli interessi della mia squadra».

La sua è stata una richiesta d’attenzione globale, è così?
«Lo ribadisco ancora una volta: la mia non è stata una richiesta dì favori per la mia squadra, quanto una maggiore uguaglianza nel metro di giudizio».

E Nedved? 
«Buffon, quando la Juventus è venuta al Franchi, per la gara di campionato è stato un “signorone”. Stesso discorso Andrea Agnelli o anche John Elkann, col quale ho scambiato delle battute a New York. Con Nedved io non devo parlarci».

Ma si è… pentito?
«Assolutamente. E perché mai? Io sono uno battagliero, la mia forza, da sempre, è stata proprio quella di non tirarsi indietro di fronte a niente. L’ho imparato da mio padre, che è stato prigioniero per cinque anni in guerra. E anche da mia mamma, venuta meno all’età di 97 anni e fino a 95 indipendente sotto tutti i punti di vista, dal vivere da sola fi no alla gestione quotidiana della casa. Aspetto certe scuse».

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