Fiorentina, anatomia di una crisi totale

Un avvio di stagione da incubo, il calendario che può aggravare lo stato delle cose: ecco tutto quello che non va nella squadra viola
Fiorentina, anatomia di una crisi totale© Roberto Bregani/Massimo Sestini
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FIRENZE - Quando si parla della Fiorentina di oggi si fa prima a dire cos’è che va bene: il portiere. Dragowski è uno dei più affidabili della Serie A e lo ha dimostrato anche a San Siro col rigore parato a Kessie, la terza prodezza del polacco nelle ultime due stagioni. Il resto, tutto il resto, è un problema serio. Mai partenza peggiore nell’era dei 3 punti (8 fin qui). Situazione che il calendario da qui a Natale potrebbe ulteriormente aggravare. Lunedì scontro diretto per la salvezza col Genoa, poi, in serie, Atalanta, Sassuolo, Verona e Juventus. C’è poco da stare tranquilli. Per addentrarci nei problemi di Prandelli, partiamo dal meno grave. La Fiorentina ha subìto 15 gol, c’è chi sta peggio anche nella parte più alta della classifica, tuttavia è evidente la difficoltà della squadra nella protezione della sua area di rigore. Il primo gol del Milan ha colto l’impreparazione della difesa che ha buoni colpitori di testa ma in quel frangente (e in altri...) ha agito come una linea che d’improvviso si sconnette. Il gol del Benevento, di natura diversa, era nato comunque per la stessa disattenzione. C’è qualche elemento in difficoltà dall’inizio della stagione come Caceres, ma nella marcatura stretta anche Pezzella non è mai stato davvero impeccabile. Il modo in cui si è fatto sorprendere da Saelemaekers in occasione del rigore è l’esempio più chiaro di un limite che ha spesso mostrato. Pezzella, come dice Prandelli, è un leader e ha una bella qualità quando imposta la manovra, però stenta nei momenti in cui è indispensabile la marcatura.

Che la squadra sia stata pensata male lo abbiamo ripetuto così tante volte che ora basta. Non era la squadra giusta per Iachini e non lo è per Prandelli (ammesso che lo sia per qualche altro allenatore...). L’ex ct ha cominciato col Benevento col 4-2-3-1 (senza Pulgar, con la coppia di mediani Amrabat-Duncan), è passato nella stessa partita al 4-3-1-2 (con Pulgar davanti alla difesa), l’ha confermato a Udine (con Borja Valero trequartista per marcare De Paul) e quando ha recuperato Callejon si è schierato col 4-4-2 a Milano, con l’ex napoletano esterno destro e Castrovilli esterno sinistro in fase difensiva. Il problema non sta nei moduli, ma nella difficoltà della squadra a costruire il gioco. Pulgar è l’unico vero centrale, come posizione, ma non ha le caratteristiche di chi fa partire la manovra, non ha il tempo, la tecnica, la visione di gioco, quando prende palla o l’appoggia lateralmente a uno dei due interni o aspetta che salga Pezzella a cui affida il riavvìo.

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