Piatek esclusivo: "Vlahovic? Sappiamo fermarlo: ecco come"

Alla vigilia della super sfida di Coppa Italia Fiorentina-Juve, il Pistolero si racconta: dall'obiettivo Europa fino alla guerra in Ucraina
Piatek esclusivo: "Vlahovic? Sappiamo fermarlo: ecco come"
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FIRENZE - Come Hannibal Lecter, ama Firenze. Prima ha visto tutti i film, poi si è divertito, nel poco tempo libero, ad andare a ricercare gli angoli della città immortalati nelle pellicole, senza dimenticare “Inferno”, ispirato al libro di Dan Brown. Krzysztof Piatek, però, ora non vuole distrazioni. E’ lo “sceriffo” del gol in Coppa Italia, quasi quasi il Re visto che nessuno, dal 2018 ad oggi, ha segnato tanto quanto lui (12 gol in 9 partite) e ora vuole sancirlo nella gara regina, quella contro la Juventus, che già di per sé conterebbe tanto, ma in quanto semifinale di Coppa, vale persino di più. «Se sono pronto a fare la storia? Sì». Sorride sempre, risponde veloce come velocemente si scava il varco nell’area piccola e batte in rete. «Cosa abbiamo in più dei nostri avversari? Il cuore». Ed è quello che si incrina solo a sentir parlare di guerra. Fuori c’è il sole: il rettangolo verde del centro sportivo Astori ti allontana il pensiero dei kalashnikov e con esso pure il pallone, ma qualcosa deve pur esser fatto. C’è chi dice no, ci spiega Krzysztof. Lo ha fatto la sua Polonia, prima Federazione a schierarsi apertamente contro la Russia, a dire che no, non si scenderà in campo a fine marzo. «Anche i calciatori hanno bisogno di dissentire». Firenze è la sua sfida più grande, perché qui «spero di restare per i prossimi anni, anche se ora sono in prestito». Sua moglie Paulina, non a caso, ha ritirato fuori i libri di italiano, vuole vivere tutto intensamente e, soprattutto, leggere ogni cosa che riguarda la Fiorentina a cominciare dal nostro giornale. Da qualche mese, in città c’è una tifosa in più. 

Krzysztof Piatek, la sua Federazione si è subito rifiutata di scendere in campo contro la Russia. E’ stata la risposta più forte alla guerra? 

«Anche noi calciatori abbiamo bisogno di dire no. La guerra è qualcosa di anormale, non la vuole nessuno. Serviva una presa di posizione: questa è stata la naturale conseguenza». (Il suo silenzio subito dopo quasi squarcia la stanza, a riaccenderlo è il pallone).

Smaltita la rabbia per la sconfitta contro il Sassuolo? 

«Siamo ancora arrabbiati. Volevamo vincere ad ogni costo e invece, pur avendo pareggiato in 10, alla fine abbiamo perso. Ecco perché ora la nostra attenzione è tutta sulla gara contro la Juventus. So benissimo cosa significhi, e noi vogliamo vincere».

Nessuno, in Coppa Italia, ha segnato più di lei negli ultimi quattro anni. E’ lo “sceriffo” del gol?

«Sono contento di questa statistica, ma io penso solo a giocare a calcio. Il motivo? Voglio dimostrare chi sono sempre, anche in Serie A. L’unica cosa che conta, adesso, è quella di essere tutti protagonisti di una grande partita. Per la città e pure per noi: dovremo muoverci bene e vincere. Io lo “sceriffo” del gol? Rosati si è pure inventato un coro mimando la mia esultanza e i tifosi fanno lo stesso quando arrivo al centro sportivo con la macchina, per accogliermi: sono felice che questa cosa possa regalare allegria, ecco perché non voglio fermarmi».

Quando è arrivato, ci disse di essere “carico”. Lo è sempre di più? 

«Sì, sono carico. Tatticamente devo pensare a muovermi vicino alla porta e poi dovremo stare attenti ad ogni dettaglio, perché anche i nostri avversari sono forti. Non dobbiamo dimenticarcene, consapevoli però della nostra forza». 

Dovesse esserci un calcio di rigore, lei sarebbe pronto a sconfiggere la maledizione?

«Io sono pronto e voglio fare bene sempre. Sì, è vero, gli ultimi li ho sbagliati, questo fa parte del gioco, ma io ci sono. Sto lavorando con attenzione. E poi io sono pronto a tutto. Sono un attaccante, quindi il gol è la mia benzina, ma mi preme soprattutto aiutare la squadra, perché siamo un gruppo compatto. Sono pronto anche a non….segnare, pur di andare in finale di Coppa Italia». 

Szczesny lo conosce benissimo e una volta, nell’aprile 2019, con la maglia del Milan, lo ha superato, nonostante il ko finale. Come pensa di ipnotizzarlo domani sera? 

«Siamo amici e compagni di Nazionale. E’ un portiere molto forte, ma io so dove colpirlo e come fargli gol. Lo ridico ancora, io voglio vincere. E’ evidente che anche lui lotti per lo stesso obiettivo, ma il mio unico pensiero è quello di portare più avanti possibile la Fiorentina. Ecco perché è importante questo successo». 

Da come ne parla, lei sa già evidentemente cosa rappresenti la gara contro la Juventus per Firenze.

«Sì. E questa partita vale pure di più, perché è la semifinale di Coppa Italia. Io però non mi distraggo, penso solo ad essere concentrato sul campo. Solo così potranno accadere cose positive. Tocca a noi costruirle». 

Vlahovic come si ferma?

«Con lui mi sono allenato forse tre settimane. E’ indiscutibilmente un grande attaccante, lo ha dimostrato segnando tanti gol qui e facendo molto bene anche alla Juventus. Dovremo essere tutti pronti, i difensori e non solo loro, tutta la squadra, anche io e Cabral». 

Cosa ha in più la Fiorentina rispetto alla Juventus? 

«Il cuore». 

La Juventus deve fare i conti con una coperta molto corta per infortuni: gli altri saranno più concentrati?

«La Juventus è sempre Juventus, è grande squadra, ha grandi campioni in campo e in panchina. Servirà concentrazione assoluta, totale, ogni istante. Perché hanno 25 giocatori con grande qualità». 

Lei, invece, dovrà sorprendere Bonucci o De Ligt. 

«Li conosco bene, sono entrambi grandi professionisti, ma anche noi siamo pronti e vogliamo dimostrarlo sul campo». 

Ha raccolto l’eredità di Vlahovic senza starci troppo a pensare: come ha fatto a non restar schiacciato dal peso della responsabilità? 

«La pressione fa parte del nostro mondo, c’è sempre e noi attaccanti ne abbiamo tanta, perché i nostri gol sono fondamentali per aiutare la squadra. Io, però, voglio dimostrare quanto valgo non solo in area, ma anche fuori, mettendomi a disposizione della squadra. Non sento affatto pressione, semmai lo stimolo a fare bene». 

Con Cabral avete dimostrato di essere sinergici: quando in campo non c’era lei, ci ha pensato il brasiliano a dare una mano, tra assist (Spezia) e gol (Sassuolo). Come nasce la vostra intesa?

«Siamo amici, parliamo molto. E veniamo da due esperienze diverse, che possono però risultare utili. Io ho giocato anche in Bundesliga e lui in Svizzera. E’ un ottimo giocatore e lo fa vedere anche in allenamento. E questo è un punto di forza».

Ma Rosati le prepara sempre il caffé? 

«Sì, è successo una volta ed ho segnato. E da quel momento me lo prepara sempre. E’ un po’ una nostra abitudine prima della partita e anche all’intervallo: è un incentivo a fare gol».

Il vostro spogliatoio è davvero un incastro prefetto, l’uno al servizio dell’altro?

«L’atmosfera è importante, c’è grande feeling. E’ vero, siamo una buona famiglia. Scherziamo sempre. Tra i più attivi ci sono Bonaventura, Duncan ed anche Venuti. Si respira un clima di complicità». 

Perché Piatek ha scelto Firenze?

«Perché qui ho riconosciuto subito un grande progetto. E poi Italiano gioca un calcio propositivo, offensivo e per un attaccante è un plus. In questo modo, si costruiscono i presupposti per andare in gol ripetutamente e dopo l’esperienza in Bundesliga per me questo è stato un dettaglio non da poco. E poi siamo forti. Adesso giochiamoci la semifinale, poi pensiamo a conquistare l’Europa col campionato». 

Firenze ha già conosciuto il Piatek migliore? 

«No, posso fare meglio e molto di più, non sono ancora al top. Posso contribuire anche con le mie giocate».

Lei ha lavorato con diversi allenatori, da Pioli a Gattuso, da Prandelli a Labbadia. Il gioco di Italiano è il più innovativo? 

«Sì e soprattutto è il più offensivo. La sua particolarità è che fa attenzione ai dettagli. Durante gli allenamenti studiamo tanti movimenti da fare vicino alla porta e questo mi aiuta sicuramente a fare meglio». 

Quale il suo gol più bello? 

«Mi auguro che sia il prossimo (ride forte, ndc). In testa, però, mi è rimasto il sinistro fatto all’Atalanta con la maglia del Milan». 

La corsa scudetto è riaperta? 

«Lassù in cima alla classifica la corsa è a quattro: Inter, Milan, Napoli e anche Juventus».

L’Europa, per la Fiorentina, è davvero a portata di mano?

«Speriamo di sì, è un obiettivo e per me possiamo arrivarci. Siamo forti, lo ripeto, ma dobbiamo pensare ad una partita per volta, non dimenticando mai gli errori commessi. Sì, perché abbiamo vinto con l’Atalanta e perso col Sassuolo».

Sua moglie Paulina ha pure ripreso in mano i libri di italiano: questa è la vostra terra? 

«Si, siamo molto contenti di essere tornati. Qui in Italia stiamo molto bene, io e la mia famiglia. Ha scelto di rimettersi a studiare l’italiano: speriamo di restare qui per i prossimi anni. So benissimo di essere qui in prestito, ma voglio dimostrare il mio valore per conquistarmi la conferma». 

Parlate di calcio in famiglia?  

«Sì, ma mia moglie è….una critica severa. Quando gioco bene non lo dice: anzi, guarda i dettagli sbagliati e mi indica dove secondo lei posso fare meglio. E’ evidente che quando faccio male mi sprona, dicendomi che devo lavorare di più». 

Piatek, è pronto a fare la storia? 

«Andremo a mille in campo, per la città e per i tifosi. Sì, io sono pronto». 


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