I dieci mesi che sconvolsero Firenze e la Fiorentina

Dal 18 agosto 2022 al 7 giugno 2023 la città e il suo tesoro: le coppe da chimera a realtà
I dieci mesi che sconvolsero Firenze e la Fiorentina© SESTINI MASSIMO
Alberto Polverosi
4 min

Da quanti anni Firenze non si svegliava con questo sorriso sulle labbra? Lo stesso sorriso di quei giocatori che sotto il curvino dei tifosi, in uno degli stadi più belli d’Europa, festeggiavano un trionfo. Perché di questo si tratta, di un trionfo. Due finali in una stagione fatta di 60 partite, il 7 giugno, a Praga, si giocherà la 60ª partita del 2022-23, quasi dieci mesi senza respiro, ma respirando l’aria dei momenti che contano e che vanno celebrati. Partenza il 18 agosto al Franchi contro il Twente nei play-off di Conference, arrivo il 7 giugno a Praga per la finale di Champions. Con tutta la stima e con tutto l’ottimismo possibile e immaginabile era difficile pensare che la Fiorentina, questa Fiorentina, arrivasse così in alto. Fosse così tanta e così bella, così vera e così squadra. E che, per cortesia, non vengano fuori discorsi strani e sbagliati sul percorso facile, sulle avversarie abbordabili. Quando la leggendaria Fiorentina del primo scudetto, quella di Julinho e Montuori, arrivò in finale di Coppa dei Campioni col Real Madrid, incontrò l’IFK Norrkoping, il Grasshoppers e solo in semifinale l’ostacolo tosto della Stella Rossa. E i leoni di Ibrox, quelli che vinsero la Coppa delle Coppe nel ‘61, prima di battere in finale i Rangers eliminarono il Lucerna e la Dinamo Zagabria, mica squadroni.

La Fiorentina e i Leoni di Ibrox

Eppure oggi Firenze li ricorda con quel nome, i Leoni di Ibrox Park. Questa Fiorentina arriva a Praga portandosi dietro i trionfi di Braga, di Poznan, di Basilea, tre partite 11 gol, non sono le big d’Europa ma nemmeno le più scarse. C’è stato un momento, giovedì sera in Svizzera, in cui quelle maglie bianche con la V viola sul petto hanno dato il senso di squadra con un sentimento forte e autentico. E’ successo quando il tifoso si è sentito male. Non è stato l’arbitro, ma i giocatori della Fiorentina a fermare la partita, che avevano in pugno e stavano per vincere. Il team manager Simone Ottaviani è scattato dalla panchina per richiamare i soccorsi, tutti i giocatori lì intorno a tifare per la vita di chi era arrivato fin là per stare accanto a loro. Nel momento drammatico è stato un insegnamento. Questa finale di Conference resterà nel cuore di Firenze.

La finale e la tappa fondamentale per crescere

E’ la coppa meno prestigiosa, ma per la Fiorentina può diventare una tappa fondamentale per vincere e crescere. Il giorno prima della finale, al teatro di Fiesole verranno festeggiati Cesare Prandelli e i suoi ragazzi, quelli che hanno portato l’ultima volta la Fiorentina in Champions nel quinquennio 2005-2010. La speranza è che quella festa, trasformandosi nel più caldo abbraccio alla squadra in viaggio verso Praga, venga ripetuta fra qualche anno, con Italiano e Gonzalez, con Bonaventura e Amrabat, col capitano Biraghi (finiranno di discuterlo a ogni cross sbagliato? Ne fa venti a partita, anche Maldini, pur non volendo fare paragoni, ogni tanto ne sbagliava qualcuno) e con quel furetto di Dodo. E’ lì, in Champions, che Firenze aspetta i viola. Ma intanto si gusta un momento straordinario, stupendo, storico. Due finali, 60 partite, Firenze gode.


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