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« L’aspirazione di Edoardo giovane uomo è essere felice, essere sereno. Un modo per riuscirci è di essere se stessi e mantenere un determinato tipo di rapporti con le persone che ti vogliono bene e a cui vuoi bene. I rapporti umani rimangono per sempre, al di là delle partite, dei successi e delle sconfitte. È una cosa che ricerco, perché credo sia importante per la mia vita. L’ambizione di Bove calciatore, invece, è vincere più cose che sia possibile con la Fiorentina, impegnando a dare la versione migliore di me stesso». Il punto finale di trentaquattro minuti di chiacchierata, il manifesto esistenziale e professionale di Edoardo Bove, e per arrivarci ci ha messo tanto, tantissimo, dentro. Come non potrebbe essere diversamente. Mai scontato, ricco di contenuti, povero di banalità. Arguto e consapevolmente sorridente, ironico e maturo. Averne di ventiduenni così. Oltre il campo c’è di più.
Come nasce la scelta di Firenze?
«La definisco scelta di cuore, perché nasce dal progetto che mi hanno proposto i dirigenti viola e dal calore che ho sentito nel presentarmelo che mi ha invogliato subito a dire sì. In più, i fiorentini mi hanno immediatamente fatto sentire a casa ed è una cosa per nulla secondaria per uno come per che per la prima volta si allontanava da Roma».
Firenze e la Fiorentina rappresentano una nuova partenza o un punto d’arrivo?
«Semplicemente il posto giusto per crescere e per affermarmi in un ambiente in cui c’è tutto: la struttura societaria, il centro sportivo incredibilmente meraviglioso ed immenso che non ho avuto ancora modo di visitare tutto, un gruppo-squadra di ottimo livello, i tifosi. Faccio un esempio: al Viola Park tutti mangiamo insieme in un padiglione centrale, ragazzi del vivaio compresi, e io che so che cosa significa crescere nel settore giovanile ritengo sia un motivo d’orgoglio. Il presidente Commisso mi ha accolto benissimo trasmettendomi affetto e fiducia. Adesso sta solo a me».
Un mese (scarso) dall’arrivo il 30 agosto, parentesi con la Under 21 compresa, per valutare la forza di questa Fiorentina: impressioni?
«Vi garantisco che a un calciatore basta poco per capire le potenzialità di un gruppo: il nostro è di altissima qualità e ha tutte le potenzialità per fare bene. Inoltre, è animato da grandi valori umani in cui è bello trascorrere del tempo. Chiaramente il clima non dev’essere troppo tranquillo: quando c’è da spingere, bisogna spingere forte. Noi lo stiamo facendo».
La vittoria contro la Lazio può essere la svolta?
«Ci ha dato e ci darà consapevolezza ed entusiasmo. Gli errori che abbiamo fatto li abbiamo analizzati e stiamo lavorando per migliorarci. Siamo sulla strada giusta».
Il Franchi a metà è un problema non da poco, ma ci pensa no i tifosi viola a non far pesare la mancanza.
«Da avversario il Franchi è uno degli stadi più complicati in cui giocare. E adesso ho le prove: il pubblico ti spinge, capisce i momenti negativi e crea un ambiente straordinario. Dispiace che la Curva Fiesole sia chiusa, ma anche dall’altra curva ci danno una spinta formidabile».
Le difficoltà, ha detto Palladino, aiutano a crescere. A proposito: Palladino allenatore?
«Ha detto esattamente ciò che penso. Allenatore preparato, attento, scrupoloso, si confronta con tutti chiedendo ad ognuno ciò che vuole da lui in campo. Non posso che parlarne bene, altrimenti poi non mi fa giocare. Battute a parte: allenatore e uomo molto giusto anche nei modi».
Ambizione è la parola d’ordine al Viola Park: è il vero traguardo della Fiorentina?
«Non abbiamo parlato di un traguardo specifico e non ce lo siamo dato. Di sicuro, in campionato possiamo e dobbiamo confermarci in Europa, ma più di tutto l’obiettivo della Fiorentina è andare avanti in tutte e tre le competizioni. Per la squadra che abbiamo possiamo farlo senza problemi».
Bove sa come si fa a vincere la Conference League: l’ha detto ai suoi compagni?
«Non c’è una regola. Le finali sono partite a sé. Devi essere furbo e scaltro per sfruttare le situazioni a favore, devi compattarti e chiuderti per neutralizzare quelle a sfavore. E serve un po’ di fortuna, quella che la Fiorentina non ha avuto nelle due finali disputate».
Cinque giornate in archivio: campionato equilibrato, classifica corta.
«L’Europeo, la Coppa America, il mercato lungo, allenatori nuovi nelle squadre più importanti: ci vogliono tempo e pazienza per assimilare i concetti di gioco. Fermo restando che ormai tutte le squadre sono super preparate: il livello si è alzato e per vincere in ogni partita è una lotta durissima».
Interno di qualità, mediano di schermo e di corsa, domenica scorsa trequartista: Bove centrocampista anni Duemila.
«Il calcio moderno ti richiede di giocare in tutte le posizioni del campo per via delle rotazioni e dei movimenti senza palla. La prerogativa principale rimane saper fare le due fasi».
La costruzione del gioco dal basso: tattica rischiosa, moda o esigenza?
«Se una squadra ti viene a pressare alto e tu vuoi attirarla per costruire dal basso e poi cercare la profondità, ha un senso. Se è mero possesso palla per far vedere le doti tecniche, non serve. Ogni squadra ha la sua caratteristica: c’è chi ha bisogno di palleggiare di più e chi è più diretto. Se ne parla tanto riferito al Manchester City: poi, si vede il portiere della squadra di Guardiola che rinvia lungo per ottanta metri e l’attaccante segna. Ci vuole equilibrio e scelta del momento giusto per colpire l’avversario».
Interno di qualità, mediano di schermo e di corsa, domenica scorsa trequartista: Bove centrocampista anni Duemila.
«Il calcio moderno ti richiede di giocare in tutte le posizioni del campo per via delle rotazioni e dei movimenti senza palla. La prerogativa principale rimane saper fare le due fasi».
La costruzione del gioco dal basso: tattica rischiosa, moda o esigenza?
«Se una squadra ti viene a pressare alto e tu vuoi attirarla per costruire dal basso e poi cercare la profondità, ha un senso. Se è mero possesso palla per far vedere le doti tecniche, non serve. Ogni squadra ha la sua caratteristica: c’è chi ha bisogno di palleggiare di più e chi è più diretto. Se ne parla tanto riferito al Manchester City: poi, si vede il portiere della squadra di Guardiola che rinvia lungo per ottanta metri e l’attaccante segna. Ci vuole equilibrio e scelta del momento giusto per colpire l’avversario».
La chiamata di Spalletti è un obiettivo?
«Sì, è un mio obiettivo. Sarebbe un onore vestire la maglia azzurra dell’Italia. Ma devo riuscirci crescendo nella Fiorentina».
Edoardo professionista del pallone e universitario al corso di Economia e Management: calcio e studio si può.
«Certo, si possono conciliare come fanno tantissimi studenti che per studiare devono lavorare. Io sono un privilegiato, lo so, ma l’università per me è uno sguardo proiettato al futuro: la carriera non dura all’infinito e io voglio essere preparato per il dopo».
Se uno dice Don Orione e Casa Viola?
«La Boreale Don Orione è la società in cui sono cresciuto prima di passare alla Roma e destino ha voluto che tornassi a vestire la maglia viola. Dico tornare, perché quella squadra ha i colori viola. Io sono sempre rimasto vicino a tutte le attività non solo sportive del club del presidente Leandro Leonardi, un amico di famiglia, tanto che ho deciso di prendere le quote del centro sportivo che abbiamo chiamato proprio Casa Viola in tempi non sospetti. Un moto di riconoscenza verso lui e verso una società che fa crescere i giovani in un ambiente sereno pressioni, con educazione e rispetto».
L’aspirazione di Edoardo fuori dal campo e l’ambizione di Bove calciatore.