La Fiorentina passa la palla a Kean e tutto va

Alla fine della tre giorni di Coppe, si può dire serenamente che Moise sta alla Viola come Lautaro Martinez sta all’Inter: appartengono alla stessa razza dei cannonieri-trascinatori
Alberto Polverosi

La pantera e chi se non lui? La Fiorentina si era smarrita, anzi, si era proprio fermata e il Celje prima l’aveva raggiunta sul pari, poi aveva segnato il gol del vantaggio. Eravamo a metà del secondo tempo, c’erano i supplementari all’orizzonte e un disastro sullo sfondo del Viola Park. Ma è bastato rovesciare una palla dalla sua parte (va detto però che Mandragora l’ha rovesciata bene) e Moise Kean, ventisei gol in questa sua fantastica stagione, si è mangiato il povero sloveno che gli stava davanti e ha incenerito Ricardo Silva, il portiere del Celje. Fra il tocco e il tiro è passato un nano secondo, quello è il gol di chi ce l’ha nel sangue. Alla fine della tre giorni di Coppe, si può dire serenamente che Kean sta alla Fiorentina come Lautaro Martinez sta all’Inter, appartengono alla stessa razza dei cannonieri-trascinatori. Quando c’è un problema da risolvere, date la palla a quei due e poi correte ad abbracciarli. 

Fiorentina, così però non va

Non è stata una grande Fiorentina, tutt’altro. Andare in vantaggio e prendere due gol dal Celje non ci sta. E non ci sta prenderli in quel modo, con una leggerezza, una superficialità da partita amichevole. E non va bene nemmeno farsi chiudere in un assedio finale, tutti davanti a De Gea con gli sloveni a danzare intorno all’area viola. Questa partita è stata la conferma di un problema che Palladino non è ancora riuscito a risolvere: contro un avversario tecnicamente modesto, come lo è il Celje, quarto nel campionato a dieci squadre della Slovenia e staccato di 17 punti dalla capolista Lubjana, la Fiorentina non è capace di far valere la propria superiore qualità. Ma se domenica scorsa col Parma, in campionato, aveva comunque subìto poco, ieri gli sloveni hanno tirato verso la porta di De Gea dodici volte, i viola undici.


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Fiorentina, ora c'è il Betis

Contava il risultato, contava la qualificazione e magari contro formazioni più dotate come il Betis Siviglia, che l’aspetta in semifinale, la Fiorentina potrà dare di più, potrà trovare quegli spazi che in partite come questa fatica a conquistare. C’erano due tipi di inciampi nella costruzione del gioco. Il primo riguardava il collettivo: quando Comuzzo alzava la testa per dare il via alla manovra, davanti a sé non c’era movimento, tutti aspettavano la palla sul piede. Il secondo era legato a Gudmundsson, il giocatore che dovrebbe accendere il gioco della Fiorentina, renderlo più fantasioso, più incisivo e più sorprendente. L’islandese è appannato, il suo rendimento in questo periodo è insoddisfacente, ma c’è un aspetto in questa sua difficoltà difficile da comprendere: perché anche ieri tornava sempre dietro a prendere la palla dai piedi dei centrocampisti? Non ce n’è bisogno, la Fiorentina ha già due ottimi costruttori come Fagioli e Cataldi, anche se stavolta nessuno dei due ha incantato. Perché non sta più vicino a Kean? È in quella zona che, con una giocata, può dare alla squadra il colpo di genio, a metà campo non serve. Ieri ci ha ricordato Balotelli quando giocava in Nazionale. Cosa faceva Mario? Lasciava l’attacco, arretrava e andava a prendere la palla dai piedi di Pirlo. Di Pirlo...  

Fiorentina, la Conference è l'obiettivo primario

La scelta di Palladino di schierare la squadra titolare, seppur non ripagata con una prestazione scintillante, fa capire che l’obiettivo primario è diventata la Coppa. Il paradosso è che a Celje, dove la rotazione era stata massiccia, la Fiorentina aveva vinto, ieri con i titolari ha pareggiato. Non è un bel segnale, ma per accontentiamoci di avere un’italiana anche nella semifinale di Conference League


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La pantera e chi se non lui? La Fiorentina si era smarrita, anzi, si era proprio fermata e il Celje prima l’aveva raggiunta sul pari, poi aveva segnato il gol del vantaggio. Eravamo a metà del secondo tempo, c’erano i supplementari all’orizzonte e un disastro sullo sfondo del Viola Park. Ma è bastato rovesciare una palla dalla sua parte (va detto però che Mandragora l’ha rovesciata bene) e Moise Kean, ventisei gol in questa sua fantastica stagione, si è mangiato il povero sloveno che gli stava davanti e ha incenerito Ricardo Silva, il portiere del Celje. Fra il tocco e il tiro è passato un nano secondo, quello è il gol di chi ce l’ha nel sangue. Alla fine della tre giorni di Coppe, si può dire serenamente che Kean sta alla Fiorentina come Lautaro Martinez sta all’Inter, appartengono alla stessa razza dei cannonieri-trascinatori. Quando c’è un problema da risolvere, date la palla a quei due e poi correte ad abbracciarli. 

Fiorentina, così però non va

Non è stata una grande Fiorentina, tutt’altro. Andare in vantaggio e prendere due gol dal Celje non ci sta. E non ci sta prenderli in quel modo, con una leggerezza, una superficialità da partita amichevole. E non va bene nemmeno farsi chiudere in un assedio finale, tutti davanti a De Gea con gli sloveni a danzare intorno all’area viola. Questa partita è stata la conferma di un problema che Palladino non è ancora riuscito a risolvere: contro un avversario tecnicamente modesto, come lo è il Celje, quarto nel campionato a dieci squadre della Slovenia e staccato di 17 punti dalla capolista Lubjana, la Fiorentina non è capace di far valere la propria superiore qualità. Ma se domenica scorsa col Parma, in campionato, aveva comunque subìto poco, ieri gli sloveni hanno tirato verso la porta di De Gea dodici volte, i viola undici.


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