C'è la mano di Conte

Il 4-0 all'esordio contro il Lecce fa già intravedere il lavoro e le idee di gioco del nuovo tecnico dell'Inter
C'è la mano di Conte© Inter via Getty Images
Alberto Dalla Palma
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Se la Juve non sembra ancora la Juve di Sarri, l’Inter è già l’Inter di Conte. Cattiva, spietata, aff amata, concreta: è vero, il Lecce - troppo fragile - non poteva rappresentare il test della verità, ma questo 4-0 ha un senso e una logica. Sta nascendo un’antagonista che la Signora, fino a maggio, non aveva: c’era solo il Napoli, splendido e divertente ma mai troppo convinto di se stesso, adesso c’è questo doppio colosso nerazzurro (Inter e Lukaku) in grado di spaventare i padroni degli ultimi otto campionati.

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E ancora deve arrivare un talento come Sanchez, in grado di integrarsi con la velocità di Lautaro e la forza di Romelu: l’altro fuoriclasse, naturalmente, è proprio Conte, capace di esultare al quarto gol con la stesssa rabbia esibita dopo il primo, cinque anni dopo la sua ultima panchina in serie A. Ha costruito lui la grande Juve, ora la vuole annientare: un piano diabolico. 

A San Siro il divario tra Inter e Lecce è enorme anche se il tecnico pugliese deve rinunciare a due difensori come Godin e De Vrij e manda in panchina uno dei gioielli dell’estate nerazzurra, il costosissimo Barella. Meglio andare sul sicuro, con Vecino, almeno per ora: ma se Sarri, da casa, rinuncia a De Ligt e Giampaolo, dal campo, rinuncia a Leão, non c’è da gridare allo scandalo. Tantissimi nuovi acquisti sono rimasti a guardare: evidentemente, d’agosto, gli allenatori preferiscono andare sul sicuro. Fatto sta, però, che l’Inter si sblocca con uno della vecchia guardia, Brozovic, e viene sostenuta da un giovane al debutto come Sensi, autore del secondo gol e di un primo tempo davvero speciale. L’Inter non ha problemi perché quando attacca non trova grandi resistenze: il Lecce è troppo morbido e inesperto per sostenere l’urto degli avversari e anche se si vede che recita uno spartito imparato a memoria non ha interpreti all’altezza di un debutto a San Siro in serie A. 

L’Inter dilaga sulla sinistra: Asamoah diventa una lama infi lata nella difesa giallorossa, una lama che taglia in due gli avversari consentendo soprattutto ai centrocampisti di arrivare al tiro. Lautaro sbaglia da pochi passi un colpo di testa facile facile mentre Lukaku va a caccia del pallone senza trovarlo. Aspetta di essere servito con le spalle alla porta, anche sulla trequarti e gli mancano gli assalti “in the box” della Premier: cresce nella ripresa, si sblocca prima con uno spunto in velocità con cui mette l’argentino davanti alla porta e poi esplode segnando il suo primo gol italiano. Negli spazi si trova più a suo agio, è potente e veloce, sicuramente un attaccante diverso da tutti gli altri che giocano nelle squadre da scudetto. Si discuterà a lungo se davvero è più forte di Icardi, ma ognuno resterà della propria idea, anche chi ha deciso di congelare un assegno da cento milioni che si svaluterà giorno dopo giorno, rischiando addirittura di trasformarsi in carta straccia (parametro zero). La realtà è che Conte con Lukaku vuole cambiare la storia del nostro campionato, noiosa e ripetitiva.


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