L'Inter accelera sulla cessione: serve investitore da 200 milioni

Nuovi bond impossibili, mutui frenati dagli interessi: facciamo chiarezza
9) Inter - Zhang Jindong, 7,3 miliardi di euro© ANSA
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Le voci sulla cessione dell’Inter corrono anche troppo rapidamente. Da giorni circola l’ipotesi di un finanziamento da 200 milioni per l’urgenza di liquidità ma è una strada dura, in salita. Vediamo perché. Anzitutto la struttura societaria dell’Inter: la capogruppo (FC Internazionale Milano SpA) possiede il 100% di Inter Media and Communication SpA, titolare dei contratti con sponsor e media oltre che dei diritti UEFA e Serie A. Ha poi altre controllate marginali. Inter Media è importantissima perché ha emesso 375 milioni di obbligazioni in due tranches (300 nel 2017 più 75 l’anno scorso) con interessi annui del 4,875% frazionati ogni sei mesi. Come mai l’emittente dei bond - dunque il soggetto giuridicamente obbligato - non è la capogruppo ma Inter Media? Perché questa è la società in cui convergono gli incassi “certi”, non ha molti altri costi né altri debiti. Se i bond fossero stati emessi dalla capogruppo che paga costi di gestione (stipendi inclusi), fornitori e debiti per i cartellini, gli obbligazionisti non godrebbero di prelazione rispetto a tutti gli altri creditori. In caso di insolvenza, il loro credito si mescolerebbe a tutti gli altri e sarebbe privo di garanzie. I bond sarebbero parsi meno “sicuri” e gli investitori avrebbero preteso un tasso più elevato. Invece le obbligazioni furono collocate intorno al 5% di rendimento nel 2017 e all’8% nel 2019.

Il pagamento dei bond è quindi posizionato nella società “a valle”, con dentro gli incassi, e non può essere inficiato da qualsiasi evento negativo riguardante la capogruppo FC Internazionale. La posizione degli obbligazionisti è dunque blindata da due meccanismi: (1) tutti gli incassi da sponsor e diritti sono canalizzati su un conto al servizio esclusivo del debito sicché, prima di qualsiasi somma distribuibile a FC Internazionale per stipendi e altri creditori, vengono gli interessi sui bond del semestre successivo e le tasse. I bond sono così tecnicamente obbligazioni “secured” cioè garantite dagli incassi. In più (2) gli obbligazionisti hanno in pegno l’intero capitale di Inter Media e vantano pure un’ipoteca sul marchio Inter. Senza queste garanzie sarebbe stato meno agevole collocare i bond, almeno a rendimenti così bassi.

La buona notizia è che Inter Media non può fallire, avendo incassi ampiamente capienti rispetto agli interessi sul debito. Nonostante la contrazione del 2020, la generazione di cassa è dieci volte superiore al fabbisogno per interessi e quote di capitale in scadenza. I bond scadono peraltro a fine 2022, quindi il rifinanziamento non è il primo problema sul tavolo. La notizia meno buona è che il regolamento dei bond contiene alcuni covenants, cioè specifiche condizioni, tra cui limiti stringenti ad accendere nuovi debiti. L’Inter può tentare di raccogliere 200 milioni attraverso Inter Media, ma non è semplice. Potrebbe ad esempio riaprire i bond esistenti, cioè emetterne di nuovi fungibili ai precedenti come ha fatto l’anno scorso, ma l’operazione non è agevole perché il mercato oggi conosce le difficoltà di Suning, sa che i debiti sono garantiti solo dai flussi di cassa della società e non da apporti degli odierni azionisti. 

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