Thohir esclusivo: "Inter, Zhang trovi un degno acquirente"

"Lo scudetto è anche frutto della mia riorganizzazione. Avrei tanto voluto prendere Dzeko e Lukaku, ma avevo un dovere: portare il club nel futuro"
Thohir esclusivo: "Inter, Zhang trovi un degno acquirente"© Getty Images
Marco Evangelisti
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ROMA- C ’è di tutto nel caos del G20. Puoi incontrarci persino Erick Thohir. Scusate, chi? Domandatelo ai tifosi dell’Inter. «Loro sì che mi ricordano. E quando m’incontrano mi salutano». Imprecando, supponiamo. «Ma niente affatto. Vengono e mi fermano e mi gridano “Forza Inter”. A Milano è normale, il bello è che succede anche a Roma. Sono arrivato venerdì dopo sette ore tra controlli e tamponi, si può immaginare in che condizione, vado a mangiare tranquillo e l’ultima cosa che immaginavo era di essere riconosciuto». A scanso di equivoci, non è qui per trattare squadre di calcio. Fa semplicemente il ministro delle aziende di Stato e degli affari economici nel governo indonesiano, quindi il G20 è pane suo. Oggi invece va a Glasgow, dove comincia la conferenza sul clima. «E quella è un bell’osso duro. Abbiamo questioni molto importanti da affrontare». Intanto sta in un albergo piccolo e bellissimo in uno spigolo di quella parte di Roma una volta tutta passeggio e drink e adesso soprattutto automobili e fumo. Difficile non trovarlo: il palazzo è circondato dai furgoni neri con la targa della delegazione indonesiana. «Purché si parli di calcio. Io ho una grande passione per il calcio». Affare fatto, anche perché se si parla di economia e finanza per quanto ci riguarda non si va lontano.

Thohir, non doveva prendere il Como?

«Ma no. Sono molto amico dei proprietari. Però non mi è proprio permesso in questo momento acquisire partecipazioni in squadre straniere. Finché dura il mio incarico governativo non se ne parla».

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Resta il fatto che lei è andato via e l’Inter ha vinto lo scudetto.

«L’Inter è stata il miglior club del mondo. Ma quando l’ho presa io, nel 2013, eravamo in pieno periodo di transizione. Sin dall’inizio sono stato chiaro: la mia intenzione era aiutare. Volevamo costruire una squadra che tornasse nel giro di cinque anni tra le prime quatto in Italia e ci restasse. Con i conti a posto. Con uno staff sempre più professionale. Contemporaneamente, riportare l’Inter a essere un marchio appetibile sul mercato internazionale».

Allora perché ha ceduto tutto agli Zhang e a Suning?

«Perché mi hanno convinto con un progetto ambizioso e solido. Nello stesso momento in Indonesia mi avevano proposto la presidenza del comitato olimpico. Non avevo più la possibilità di gestire a dovere il mio tempo. Così ho discusso con Moratti di quale fosse la soluzione migliore per il club. Entrambi siamo innamorati dell’Inter».

Le hanno copiato qualche idea?

«Per esempio hanno preso Lukaku, un giocatore che avrei tanto voluto acquistare io. Ma non si poteva proprio, all’epoca. Idem per Dzeko: noi ci provammo, la Roma fu più rapida».

Comunque non ha detto che cosa ha provato il giorno della vittoria.

«Tanta felicità. Per i tifosi, per Steven Zhang, per Moratti. So che dirlo così è banale, ma la mia gioia di quel giorno non lo è stata. Ho subito spedito un messaggio a un amico: Forza Inter, siamo campioni».

Adesso Suning sembra in difficoltà.

«Preferisco non commentare. Sempre per via dell’amore che nutro nei confronti dell’Inter. E per via di tutto quello che Suning ha fatto per vincere lo scudetto. Una cosa è certa: loro hanno grande rispetto per l’Inter e per gli italiani. Quando verrà il momento di lasciare, lo faranno».

Tutta l'intervista esclusiva sull’edizione del Corriere dello Sport – Stadio


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