Inter-Juve, il tempo dei No Var

Inter-Juve, il tempo dei No Var© LAPRESSE
Alessandro Barbano
3 min

La zampata di Sanchez regala la Supercoppa alla squadra che la merita sul campo e cambia il titolo della partita. Che fino a quel punto era: il calcio al tempo dei No Var. Due rigori negati all’Inter, uno nettissimo, l’altro più sì che no. Come si fa a giudicare una gara così? E soprattutto, come fa l’occhio elettronico a non vederli, e a non richiamare l’attenzione dell’arbitro? 

La gioia nerazzurra spegne le polemiche e restituisce a posteriori regolarità al risultato, dopo centoventi minuti di equilibrio agonistico tra una squadra più forte, l’Inter, e una più furba, la Juve. Ma quanto bugiardo sarebbe stato il verdetto del campo, se a prevalere fosse stato Allegri? Diciassette anni fa, nella prima e fino a ieri unica finalissima tra le due big, il successo di Roberto Mancini fu sporcato da un fuorigioco inesistente, che negò il pareggio di Trezeguet. Allora l’occhio elettronico si chiamava moviola, e poteva essere attivato solo nei salotti televisivi. Oggi che la tecnologia offre il privilegio di un giudizio simultaneo, gli errori si raddoppiano. Non è ammissibile. 

Al netto dei sospetti e della dietrologia velenosa che accompagna simili eventi, e ai quali non possiamo e non vogliamo credere, la rinuncia di una verifica al Var è la prova di un’inadeguatezza culturale e professionale degli arbitri a gestire il delicato rapporto tra l’uomo e la macchina, e l’altrettanto delicato dualismo tra chi decide in campo e chi controlla davanti al monitor. 

Le conseguenze di questi errori sono inedite e gravi. Perché nel 2005 l’errore umano del guardalinee era ancora parte della competizione, oggi il mancato ricorso alla moviola è un black out che falsa il risultato. Poiché parliamo di un gioco, non sarebbe stata una tragedia. Ma una farsa sì. 

Non sono una farsa, invece, due ore di generoso agonismo, modesto spettacolo, reciproco rispetto tattico tra due squadre diverse. L’Inter più dotata, e capace di esprimere una maggiore varietà di soluzioni tattiche. La Juve più limitata, ma prudentemente corta e per lunghi tratti arroccata in difesa, in qualche circostanza più astuta. Il calcio insegna che due forze non equivalenti possono tenersi in equilibrio per una gara intera, e poi l’una prevalere sull’altra come per caso. Ma il caso coincide con un ricambio tattico che, con Sanchez e Correa, modifica le posizioni in campo degli attaccanti, e rende meno prevedibili le marcature. E’ la mossa risolutiva di Inzaghi. Il resto lo fa l’anticipo coraggioso di Darmian, voglia di vincere in purezza, che dà all’Inter una spinta in più. Nel decimo di secondo in cui l’interista scavalca un affannato Chiellini, e nella zampata del trentasettenne cileno, c’è il fotogramma del divario tra chi porta a casa la Coppa e chi continua a leccarsi le ferite. 


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