Serie A, la fionda dello scudetto

Serie A, la fionda dello scudetto© Inter via Getty Images
Alessandro Barbano
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Lo chiamano “El Toro”, con un soprannome coniato da un compagno delle giovanili del Racing Avellaneda, dove iniziò a farsi notare per la sua energia. Ma in un manuale di erpetologia, la scienza che studia i rettili, il Lautaro potrebbe confondersi con uno di quei piccoli camaleonti che hanno una fionda per lingua e agguantano la preda quando questa è a tiro. E nessuno avrebbe niente da dire. Perché il modo fulmineo di calciare del centravanti nerazzurro, flettendo il bicipite destro come un elastico e lasciando andare il collo del piede a schiaffeggiare la palla, è un unicum nel campionato italiano. Se n’è accorto l’Empoli, dopo essersi illuso con i gol di Pinamonti e Asslani, rispettivamente un prestito e un desiderio dell’Inter, che da ieri torna in testa alla classifica per due notti, in attesa di Verona-Milan. L’argentino ha ripreso a segnare a ripetizione, dopo una lunga pausa tra gennaio e marzo, superando con 19 gol il record personale. Tanto più il suo risveglio è provvidenziale quanto più Dzeko è scivolato in una postura atletica da dopolavorista. 

Questo per dire che l’Inter, con qualche acciacco, si rimette in sella, e dimostra di poter puntare a chiudere il campionato a 84 punti, vincendo anche contro Cagliari e Sampdoria. Il forcing martellante con cui rimonta i due gol di svantaggio dell’Empoli, tra la fine del primo e l’inizio del secondo tempo, dimostra che questo scudetto i nerazzurri lo vogliono con tutte le fibre dei propri nervi. Se anche la condizione dei singoli non è per tutti quella dei tempi migliori, se anche la squadra si allunga tanto da scoprirsi al contropiede di una provinciale, ci sono ancora i valori supplementari a fare la differenza: e cioè lo stantuffo di Perisic, il compasso di Brozovic, il motore di Barella, e qualche residuo acquarello di Calhanoglu. Questo quartetto ha ancora qualità, autorevolezza e birra per dominare chiunque. Se poi il mediano cagliaritano evitasse di fare il cascatore circense in area, a caccia di un rigore improbabile, la sua maturità professionale ne guadagnerebbe. 

Il resto tocca al Milan. Che ha un vantaggio non irrilevante nell’esito dei confronti diretti, avendo pareggiato nel primo dei due derby e vinto nel secondo). E può perciò permettersi, contro Verona, Atalanta e Sassuolo, di pareggiare una gara, vincendone due. Non sarà una passeggiata, perché le sue rivali sono di tutt’altra pasta rispetto a quelle dell’Inter. E perché il Milan continua a sciupare la maggior parte delle tante occasioni che crea. Di fronte al letargo di Giroud, e al tramonto di Ibra, le speranze di Pioli stanno nei piedi più rapidi ma anche più anarchici del campionato, quelli di Leao

Lo scudetto è un pronostico impossibile, ancorché i bookmaker, prima della vittoria dell’Inter contro l’Empoli, davano ancora in vantaggio il Milan per 1,65-1,70 a 2,10-2,20. Se la mimica di Inzaghi a bordo campo ha assunto le smorfie di un cartone manga, è perché la corsa per il titolo è ormai una guerra dei nervi. Con il tecnico nerazzurro costretto a puntare le sue fiche migliori su due piatti diversi: la finale di Coppa Italia mercoledì prossimo all’Olimpico non vale lo scudetto, ma è un buon premio di consolazione. Contro i bianconeri ai minimi termini, che affondano con il Genoa, è un dovere. Se avete dubbi, guardate lo smarrimento cosmico di Allegri dopo il gol di Dybala, il migliore nella Juve del fantasma Vlahovic. La telecamera indugia sul volto del tecnico quanto basta per chiedersi quale rimorso si agiti nei suoi pensieri: quello per il licenziamento del fuoriclasse argentino, o piuttosto quello per la rinuncia alla panchina del Real. Ancelotti avrebbe la risposta… 


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