Finale Champions, Inzaghi ci arriva meglio di Guardiola

Leggi il commento sulla finale di Istanbul in cui l'Inter sfiderà il Manchester City
Fabrizio Patania
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Noel Gallagher, cantautore degli Oasis, non dia per scontato il treble nella finale di Champions. Un paio di mesi fa, da tifoso del City, si augurava di trovare l’Inter a Istanbul. Ieri era in tribuna a Wembley e forse si sarà reso conto. La festa per la settima FA Cup, soffiata ai rivali del Manchester United, ha alimentato il dubbio invece di cancellarlo. Guardiola, dopo essersi assicurato Premier e Coppa d’Inghilterra, arriverà sbuffando sul Bosforo. La stanchezza e le pressioni potrebbero annebbiare le idee dei suoi fuoriclasse. Restano favoriti, ma non hanno già vinto. Inzaghi si presenterà con la tensione giusta e il vento a favore.

Inzaghi e la sensazione di leggerezza

L’Inter continua a trasmettere un’idea di leggerezza. A Torino si è imposta con un filo di gas e ha chiuso il campionato al terzo posto. Missione compiuta, allenandosi nel modo migliore e senza eccedere nel turnover. Un’indicazione: Dzeko era e resta in largo vantaggio su Lukaku, votato all’ingresso in corsa per due motivi. Ha lo strappo e il cambio di passo per garantire una scossa e Simone non interromperà l’incantesimo. Gli uomini che lo hanno condotto a Istanbul verranno premiati. Per il City non è stata una passeggiata. A Wembley è finita con Haaland a difendere e proteggere il pallone sulla bandierina per perdere tempo e avvicinarsi al triplice fischio dell’arbitro. Strano ma vero, sembrava una partita del campionato italiano, non la finale di Coppa d’Inghilterra. Il divino Pep non si sarà scandalizzato. E’ bello vincere anche soffrendo e guardando il cronometro. Le immagini londinesi, senza seminare illusioni, in qualche modo ci hanno rassicurato. Tecnica sublime, dispongono di una ricchezza infinita in panchina e le stelle del Real Madrid sono uscite a pezzi dal confronto. Fortissimi, ma non imbattibili, come ha dimostrato lo United, inseguendo i supplementari sino all’ultimo secondo.

I punti deboli di Guardiola

Inzaghi e i suoi tattici Farris e Cecchi si saranno accorti del processo di normalizzazione di Guardiola, non solo perché ha abolito l’idea dello spazio al posto di un centravanti. Sono bastati 13 secondi per sbloccare il derby con un lancio di Ortega, la “spizzata” di Haaland e il destro di Gundogan sotto l’incrocio sul rinvio sbagliato da Lindelöf. Aggressione alla “seconda palla”, salendo a rimorchio. Un modo efficace e diretto per saltare il centrocampo dei Red Devils. Alcune falle dietro si sono aperte. L’ingresso del giovanissimo argentino Garnacho ha creato sconquassi e nel recupero si è fermato Walker, in dubbio per Istanbul. Le piroette di Mkhitaryan (se recupererà) potrebbero essere la chiave nell’ultima mezz’ora. Ha risolto la doppietta di Gundogan, l’unico capace di reggere sino in fondo. Gli altri al sessantesimo si sono fermati: flessione atletica evidente e l’ingresso di Foden per De Bruyne (esausto) non ha modificato l’inerzia. Ecco lo spiraglio in cui si può infilare l’Inter per disegnare la finale perfetta. Servirà la corsa garantita nelle ultime settimane dal prof Ripert e dal vice Spicciariello, preparatori ex Lazio: hanno portato i nerazzurri al top nel momento decisivo. Dovranno asfissiare il City con ritmo, intensità, gioco verticale e lunghissime cavalcate. Inzaghi ha risparmiato Dimarco, non Dumfries. Gli esterni conteranno. Pep con quattro trequartisti (ieri Bernardo Silva, De Bruyne, Gundogan e Grealish) a sostegno di Haaland può schiacciarli indietro. Se sapranno ribaltare il gioco, senza concedere ripartenze, Inzaghi otterrà la superiorità a centrocampo. Il City visto a Wembley era spaccato in due. Come il Brasile ai Mondiali ‘82. Chissà perché, a proposito di imprese epiche, ci sono venuti in mente gli azzurri e il Sarrià. 


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