Alle origini di Barella
Poi un salto all'indietro: "I sacrifici li facevano i miei genitori. Non è stato un peso ma una cosa bella. Ho coltivato tante amicizie e sono stato anni con compagni che sono diventati amici. Posso solo dire grazie al calcio. Mi sono divertito da morire. Da grandi è un altro percorso, è più impegnativo. Ho capito che il calcio per me poteva diventare un lavoro con le prime convocazioni in Nazionale. Conosco tantissimi che non ce l'hanno fatta, giocatori che sembravano fenomeni. Quando ho fatto il salto dalla Primavera del Cagliari alla prima squadra non ero pronto, ma iniziavo a pensare di poterci stare. Magari in quel momento non pensavo di diventare un giocatore dell'Inter e della Nazionale, ma solo mettere la maglia del Cagliari era una roba folle".
La differenza tra chi arriva e chi non riesce a sfondare: "Ho vissuto tante situazioni, ci sono tanti motivi. I miei giocatori hanno fatto sacrifici per portarmi a giocare, magari altri non potevano o non avevano tempo. Ci sono di mezzo gli infortuni, la forza mentale, se sei pronto ad allontanarsi da casa. Andare via dalla Sardegna a 13 anni è difficile, noi siamo molto legati alla nostra terra. La forza interiore deve aiutarti a fare la scelta giusta. Non tutti l'hanno fatta. Può succedere".
Barella, un uomo fieramente sardo
Barella è fieramente sardo: "Sono molto tosto e duro nelle idee e nel modo di essere. Questa è la caratteristica che mi rende più sardo in assoluto. Io non mi vendo, non dimostro cosa non sono. Posso anche stare antipatico, questo me lo riconosco, non ho problemi. Non tutti accettano il mio modo di essere, anche io sto cercando di limare il carattere. Preferisco sbagliare davanti a tutti rispetto a nascondermi".
Barella sardo e ormai uomo: "Sono cambiato tantissimo. Essendo molto duro, mi piaceva litigare e fare le guerre e cose che non facevano bene a me e agli altri. Volevo trovare problemi che non esistevano e mi facevano dei film. Ora sono molto più sereno, anche in campo. Sono cambiato, come nella vita. Stare con la mia famiglia mi ha insegnato che ci sono problemi più grandi, mi hanno fatto capire che il calcio è importante ma c'è altro. Il pensiero di una persona può essere importante, ma rimane là: pensa quello che vuoi, poi chiudo la porta di casa mia e lì ci sono le soddisfazioni della vita".