Barella sul saluto ai giocatori del Milan dopo la vittoria della seconda stella
La maturazione si è estesa anche al rettangolo di gioco: "Prima volevo solo dimostrare, ora se una partita posso mi metto da parte e aiuto i compagni anche senza gol e assist. L'anno scorso ho fatto due gol ed è stato l'anno in cui sono stato più contento nella mia vita. A me piace esprimermi in campo: spesso sbaglio e spesso faccio bene. Magari faccio in campo qualcosa che non farei mai fuori: do un calcio all'avversario, non vado in giro a dare calci alla gente, ma in campo sei in un momento di adrenalina e pensi di voler vincere. La cosa che mi rende orgoglioso è quando un avversario mi fa capire anche in campo che sono forte. I miei compagni mi fanno sentire Dio, ma c'è anche l'amicizia e il rispetto e questo condiziona: quando riesci a pensare questo dell'avversario, vuol dire che lo pensi veramente".
Barella ha spiegato il suo saluto ai giocatori del Milan dopo la vittoria dello scudetto della seconda stella con l'Inter: "Mi sono sentito di dargli la mano, l'ha fatto anche qualcun altro. L'ho fatto perché so cosa vuol dire perdere. Ho perso una finale europea Under 19, ho lasciato un Mondiale perché mi sono rotto la mano e siamo arrivati terzi. Sono retrocesso col Cagliari e col Como, ho perso una finale di Champions ed Europa League: so cosa vuol dire perdere. Ho vinto tanto, ma è molto più facile spiegare cosa vuol dire vincere: perdere non sai cosa comporta dopo, ti fai un'estate brutta, pensi che non rigiocherai mai più una finale o un campionato così. Il tifoso non ci pensa ed è giusto, ma ci sono tante situazioni che creano disagio".
Barella, i tifosi e le critiche
I tifosi visti dagli occhi di Barella: "Il tifoso logicamente non può sapere tante cose. Se giochi male non è che lo vuoi. Ci sta che hai avuto un problema in settimana, anche nella vita privata: puoi aver avuto la giornata no. E poi se tu perdi non puoi essere solo tu il problema: il tifoso fa fatica a capirla perché vuole che la squadra vinca. Noi in campo vogliamo vincere, ma ci sono situazioni che non puoi controllare: la critica ci sta, va bene, però non accetto mettere in mezzo la vita privata e la famiglia, perché non sai quella persona cosa sta vivendo. Mi dà fastidio, coi social tutti possono esprimere il pensiero e rimane. Noi siamo umani e quando una critica è rivolta alla persona e non al calciatore, è diverso. L'uomo dovrebbe essere rispettato".