Allegri esclusivo: «La Juve vuole sesto scudetto e due Coppe»

Il tecnico bianconero intervistato in esclusiva: ««I miei limiti di calciatore livornese li ho messi tutti in valigia. Noi non scappiamo ma siamo i favoriti per rivincere il titolo»
Allegri esclusivo: «La Juve vuole sesto scudetto e due Coppe»© ANSA
Walter Veltroni
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ROMA - l giornalismo rischia oggi di essere schiavo di una sindrome pericolosa. Non sembra amare più il racconto delle cose dello sport, quello in cui Brera o Ghirelli hanno prodotto pagine di eccellenza, né l’analisi tecnica, territorio degli Zanetti, dei Tosatti. No, conta solo la polemica, la ricerca del fiele, l’approssimazione analitica per la quale finisce col meritare otto in pagella un giocatore che magari ha fatto una partita di schifo ma poi ha segnato un gol perché il pallone fortuitamente è finito sullo stinco. Il calcio come sipario strappato, lo sguardo incurante dello spettacolo reale, della fatica degli autori del testo e del lavoro degli attori. Il fiele e la seminagione di zizzania sembrano oggi un fine. Non solo nel calcio ma molto, nel calcio. Per me Max Allegri è invece uno di quelli che credono nel calcio vero. Il calcio pensato, analizzato, faticato. [...]

«La prima volta che ricordo di aver giocato davvero al calcio è quando avevo nove anni Mi piaceva l’atletica, ma il calcio di più. Mi portarono a giocare al campo dei portuali di Livorno. Un mio amico più grande mi disse che per farmi prendere nella loro squadra avrei dovuto dire che volevo fare il terzino, perché era il ruolo nel quale nessuno voleva farsi incastrare. Così quando chiesero chi voleva giocare in quella posizione io alzai la mano per primo, anzi da solo. Così, aveva avuto ragione il mio amico, mi presero davvero. Ma dopo poco l’allenatore, che di calcio capiva, mi mise a fare il centromediano davanti alla difesa. La posizione in cui avrei finito la mia carriera».

E poi?
«Poi la prima partita la giocammo con quelli di undici anni, due più di noi. Io pesavo trenta chili e il vento mi portava via. In quel tempo della vita due anni sono un abisso e quando quelli entravano per i contrasti a me sembravano dei carrarmati. Ricordo che l’incontro si svolse nel campo dedicato ad Armando Picchi e la società che aveva il suo nome fu quella in cui proseguì la mia avventura nel calcio».

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