Sarriballs

Sarriballs© LAPRESSE
Ivan Zazzaroni
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Da Sarriball a Sarriballs. Maurizio le ha, le balls, perché ci vogliono gli attributi e solide certezze per sostituire per ben due partite di fila Ronaldo e i suoi 108 milioni di fatturato. Il precedente è di un anno e mezzo fa. Maggio 2018, il portoghese venne richiamato da Zidane sia col Villarreal sia col Barcellona, ma allora non stava bene e in testa aveva già la Juve. Sopportò: Cristianamente. Visto che il bis si è ripetuto addirittura a novembre, questa è una notizia, la notizia: pensate che nella scorsa stagione Allegri lo cambiò in due sole occasioni.

Il Fenomeno, che non appoggerebbe il sedere su una panchina nemmeno al parco con i figli, l’ha presa malissimo, un’occhiata veloce verso l’allenatore, una parolina sibilata in portoghese e via, dritto negli spogliatoi e poi casa. La seconda notizia è una non-notizia: Dybala, il subentrato, ha risolto anche la sfida col Milan, un Milan presente, più brillante ed equilibrato, certamente in crescita, solo che la sua crescita non produce ancora punti. C’era più Ronaldo nella Juve di Allegri, che era anche più dominante. Quella di Sarri è ancora incompiuta. Ma un’incompiuta invidiabile, visto che attraverso la sofferenza e i colpi dei suoi fuoriclasse si è già presa gli ottavi di Champions e confermata al primo posto in campionato. Due numeri, giusto per essere più convincente: nelle prime 12 giornate la Juve di Max aveva vinto 11 volte, 7 con due gol di scarto, 4 con uno solo. Sarri di successi ne ha messi insieme 9 con un gol in più degli avversari e uno con due (alla Spal).

Sempre a proposito di differenze sensibili. La principale tra Inter e Napoli si chiama Marotta, il dirigente trequartista, il riferimento tra le linee della fi liera, uno capace di trovare sempre la relazione col mondo che gli è più vantaggiosa; Marotta è l’addetto a tutto: al controllo dei numeri e alla supervisione del mercato, alla comunicazione diretta e a quella indiretta (ho ascoltato interventi in tv che sembravano sotto dettatura).

L’Inter ce l’ha, il Napoli no. Per questo l’Inter ha saputo gestire col buonsenso, e ingoiando il rospo per l’interesse superiore, il durissimo sfogo di Conte a Dortmund; il Napoli è stato invece lasciato solo e allora tutti contro tutti: si è avvertita pesantemente l’assenza di un dirigente in grado di evitare l’ammutinamento della squadra oppure, a frittata servita, di ridurne gli effetti negativi. Che sono stati disastrosi. Non si può pretendere che questo ruolo possa essere affidato a Giuntoli, che deve fare - e lo fa benissimo - l’uomo-mercato. Così come non si può nemmeno immaginare che il verbo delegare possa essere coniugato da De Laurentiis. Sono convinto che negli ultimi giorni Ancelotti abbia ripensato spesso e con nostalgia a Galliani il “rimediatore”.


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