Equivoci e uomini smarriti, ora la Juve fa meno paura

Dybala e Higuain nascondevano i disagi di Ronaldo e quelli di gioco. Inter e Lazio sono competitive
Equivoci e uomini smarriti, ora la Juve fa meno paura© Juventus FC via Getty Images
Fabrizio Patania
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ROMA - La notte dell’Olimpico segna i nuovi confini della Serie A e porta il cambiamento, anche se forse sarebbe il caso di definirlo ritorno al passato, con una certezza: lo scudetto è di nuovo contendibile. La diversità non si traduce solo nei progressi dell’Inter e nella scalata della Lazio, riportata da Inzaghi quasi a contatto con la vetta della classifica. La Juve, dentro il processo di trasformazione avviato da Sarri, è crollata in modo fragoroso e inconsueto, rimontata e surclassata sul piano del gioco. Va sottolineata l’eccezionalità dell’evento: sino a sabato i bianconeri erano gli unici imbattuti, comprese le coppe, nei cinque campionati top d’Europa. Sono caduti alla ventesima partita e all’improvviso hanno scoperchiato numeri tenuti nascosti dai colpi di Dybala e Higuain, dai disagi di Ronaldo, dall’eterno dibattito sulla formula d’attacco e l’attesa di chissà cosa. L’autentica sorpresa consiste nel confronto con la passata stagione. L’anno scorso, alla quindicesima giornata, la Juve era prima con 43 punti, aveva vinto 14 partite su 15 e fatto il vuoto mettendo l’ipoteca sullo scudetto. Il Napoli, secondo, inseguiva con otto lunghezze di ritardo (a quota 35) e l’Inter (terza) aveva appena 29 punti e un distacco abissale. Altro dato significativo: la squadra di Allegri aveva incassato 8 gol. Con la tripletta firmata da Luiz Felipe, Milinkovic e Caicedo, la difesa bianconera quest’anno ha già preso 15 reti. Quasi il doppio. Una a partita. Non aveva mai subìto così tanto dall’inizio del ciclo vincente (stagione 2011/12) e capace di produrre otto scudetti consecutivi.

Juve-Inter-Lazio, distanze ridotte 

A forza di pensare all’idea del gioco, la Juve ha permesso alla concorrenza di avvicinarsi. La ferocia trasmessa da Conte sta portando l’Inter oltre se stessa e i suoi infortuni. Senza la fantasia di Sensi e la qualità di Barella, una squadra solida e sorretta da una difesa super ha sfruttato in pieno la forza fisica di Lukaku e l’agilità di Lautaro Martinez. La Lazio è una sorpresa solo per chi da tempo trascurava la classe di Luis Alberto, Milinkovic e Correa abbinata alla vena realizzativa di Immobile, al senso tattico di Leiva e Acerbi, alla velocità di Lazzari, alla freschezza di Luiz Felipe e Strakosha, all’esperienza di Radu e Lulic. Squadra forte, collaudata, figlia di un lavoro lungo quattro anni e con poche alternative dello stesso livello dei titolari. Inzaghi viaggia da due mesi come la Ferrari evocata da Lotito, ma il suo vero scudetto si chiama Champions e oggi sarebbe un errore pensare al Leicester o immaginare obiettivi diversi.

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