Ronaldo, il suo valore non quantificabile: ha cambiato la Juve

Ronaldo, il suo valore non quantificabile: ha cambiato la Juve© Juventus FC via Getty Images
Ivan Zazzaroni
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Martedì Ronaldo ha voltato le spalle alla Juve. Ma in precedenza le aveva cambiato la vita, incrementandone il prestigio internazionale, ponendola - per appeal - sullo stesso piano dei Fab Five, che sono il Real, il Barcellona, il Bayern, il Milan e lo United, ai quali - da Guardiola e Neymar in poi - si sono aggiunti il City e il Psg. L’ha resa addirittura fashion.

Il prezzo di questo straordinario upgrade è stato esagerato, a oggi poco più di 300 milioni: dall’arrivo del portoghese il club ha però aumentato le distanze tecniche e di fatturato dal resto del suo mondo inducendo – purtroppo per la serie A – Andrea Agnelli a pensarsi molto più europeo che italiano: gli effetti si registrano in Lega e in Eca.

Ronaldo ha bruciato tre occasioni Champions, ma ha portato nuovi sponsor, riempito di sé e di Juve i social e spinto alcuni talenti a sceglierla (De Ligt, Ramsey, Rabiot, Arthur); ha segnato decine di gol, è diventato titolare in quasi tutte le squadre di calcio virtuale (eSerieA), ha dato tanto alle televisioni e, fino a quando è stato possibile frequentare gli stadi, ha prodotto una serie di pienoni, molti dei quali inusuali.

Chi in casa Juve ha avuto a che fare con lui, chi ne ha condiviso spazi e tempo, si è potuto misurare ripetutamente con la presenza nell’ambiente di lavoro di Madonna, degli U2, di una star di livello mondiale. E qualcosa ha ricevuto.

Nell’estate 2018 fui tra gli ultimi ad arrendersi alla notizia-bomba. Ricordo che all’inizio parlai di “mendesata” - e non me ne pento - ritenendola una mandrakata di Jorge Mendes, l’agente che in seguito, insieme a Giovanni Branchini, portò a termine l’operazione: lo consideravo un acquisto impossibile per i costi e la dimensione del fuoriclasse, che aveva ancora trentatré anni e collezionava Palloni d’oro. Agnelli lo rese possibile. Si scrisse che Marotta, uomo dei conti e dei buoni rapporti con i media (non sempre e non con tutti), avesse avanzato non poche perplessità. Qualche mese dopo venne defenestrato.

Se valessero qualcosa i fulmini scagliati dalla critica contro Cristiano - talmente potente da incassare le vittorie con ormai banali applausi e le sconfitte con velenosi insulti - la sua cacciata offrirebbe una gloriosa rivincita al Defenestrato. Ma sospetto che dovrà attenderne il naturale pensionamento, tuttavia del tutto formale perché i Ronaldo resistono al tempo, come Di Stefano, Pelè e Maradona, e Messi, per non dire dell’altro - il Fenomeno - la cui uscita di scena ha lasciato anche viva nostalgia nonostante o proprio per gli errori che ha commesso.

Fateci caso: ciò che rende inviso alla critica CR7 è - a parte lo stesso ambizioso acronimo - il suo perfezionismo. Che quando si attenua esalta i mediocri.


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