Cristiano Ronaldo, nemmeno una lacrima

Cristiano Ronaldo, nemmeno una lacrima© EPA
Ivan Zazzaroni
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A differenza di Messi, Ronaldo non ha versato nemmeno una lacrima. Até mais. Ha salutato compagni, dirigenti e impiegati, poi è corso all’aeroporto, è salito sull’aereo - privato, naturalmente - e via, più veloce della luce verso l’infinito e oltre (Lisbona, la nazionale). Nei prossimi giorni tornerà nell’unica Manchester che lo voleva realmente.

Riecco, dunque, la macchina da guerra, il Superman di Funchal autoprogrammatosi per uccidere i sentimenti, ma anche alcune ipocrisie di convenienza, oltre che i record. Tanti. Ha chiuso così come aveva aperto. Scappando: la fuga gli è sempre piaciuta. Tre anni fa lasciò Madrid, ieri è stata la volta di Torino. Il convitato di pietra, di nuovo Messi. Nel 2018 Cristiano impose la rottura al Real proprio perché Florentino Perez non l’accontentava con lo stesso stipendio che il Barcellona garantiva all’argentino (54 milioni). Stavolta, dopo che Messi, ancora lui, gli aveva soffiato la destinazione parigina, ha mollato una Juve ridimensionatasi anche per far fronte al superingaggio, oltre che per gli effetti della pandemia. Una Juve che con il ritorno di Allegri e un nuovo progetto avrebbe potuto “umanizzarlo”.

Ronaldo era e resta il Marchese del Grillo del calcio mondiale: «Io so’ io e voi non siete un...». È perfezione estetica. A suon di gol e di titoli si è arrogato il diritto di fare esclusivamente gli affari propri: lui viola per ben due volte la bolla durante i lockdown, costringendo la società a fi rmare le giustificazioni; non si presenta alle premiazioni nelle quali non è il premiato più importante; induce il nuovo allenatore (Sarri) a raggiungerlo in barca per discutere della posizione da tenere in campo e attacca sui social i giornalisti che confermano la sua intenzione di lasciare la Juve. È successo giusto la settimana scorsa. Curiosamente, pochi giorni dopo non ha però postato nulla contro lo sceicco qatariano (a Doha tutti sceicchi) che aveva pubblicato un fotomontaggio con la supercoppia in maglia Psg. Sempre sette giorni fa, ha infine mandato Allegri in conferenza stampa per comunicare al mondo che sarebbe rimasto.

Jorge Mendes ha tirato un sospiro di sollievo: ha provato a “regalarlo” ai parigini, al Real (rifiutato a più riprese), infine al City, dove Guardiola non lo voleva e i tifosi non l’avrebbero accolto a braccia aperte, essendo un ex United. Non appena Ferguson, il grande e vecchio padre, e Solskjaer hanno capito che, per esclusione, il “loro” CR7 sarebbe potuto finire ai detestati rivali, hanno tirato fuori 28 milioni e fatto fare bella figura alla Juve, che ottiene così un saldo positivo di quasi 90 e non si è piegata alla volontà del fuggitivo.

Ronaldo lo stimi come campionissimo, ma non lo ami. Ricevere l’amore del prossimo gli interessa peraltro poco, si basta: il pubblico lo carica, lo eccita, ma niente di più. Lui si nutre del veleno dei nemici, ai quali riserva gesti di scherno, ne sanno qualcosa i tifosi di Atlético Madrid e Barcellona. Lo saluto alla sua maniera. Con un «grazzie»: non risparmia sulle auto e neppure sulle zeta.

PS. Per tappare la voragine tecnica creatasi in attacco, la Juve sta pensando a Kean, la soluzione più semplice e risparmiosa. Qualcosa di meglio, no? Io penso di sì.


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