Bonucci: "Nel 2016 a un passo dal City. Diventerò allenatore"

Il difensore della Juve si racconta in una lunga intervista concessa a The Athletic: "Dai tempi di Conte mi porto sempre un taccuino dietro"
Bonucci: "Nel 2016 a un passo dal City. Diventerò allenatore"
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ROMA - In una lunga intervista a "The Athletic", Leonardo Bonucci, ha parlato di tanti argomenti. Ad esempio del suo futuro, che vede in panchina: "Assolutamente sì, anche se mia moglie è contraria e mi vorrebbe più a casa vorrei fare l’allenatore. Ora penso al presente, nella vita non si sa mai quello che succederà, magari smetterò di giocare tra 3-4-5 anni e dirò non ne posso piu di stare nei ritiri e mi godrò la vita. Ma la voglia di fare l’allenatore c’è. Ho un quaderno di appunti da diversi anni e soprattutto da quando ho conosciuto Conte, un allenatore molto importante che mi ha cambiato la carriera, anche per la mentalità che ha dato a me, alla Juventus, per le conoscenze calcistiche che ci ha trasmesso. Da lì ho cercato di rubare a ogni tecnico, ho avuto la fortuna di avere grandi allenatori e questo mi ha facilitato".

Vicino al Manchester City

Per il momento però è ancora tempo di pensare al calcio giocato, quello che qualche anno fa lo avrebbe potuto portare a vestire la maglia del Manchester City: "Avevo questo sogno di essere allenato da Pep Guardiola. Il momento in cui ci siamo avvicinati di più è stato nel 2016. Ero vicinissimo al City. Avevamo fatto praticamente tutto, poi però la Juventus ha deciso di non vendermi. L’anno scorso ho parlato di nuovo con Pep. Mi voleva ma gli ho detto: ‘La Juventus è casa mia. Sono felice qui. Mi sento a casa qui’. Volevo recuperare il terreno perso andando al Milan per una stagione. Tornare a essere un simbolo della Juventus è la cosa più emozionante che potessi fare". E che gli ha consentito di condividere lo spogliatoio con Cristiano Ronaldo: "La sua presenza ha avuto una grande influenza su di noi. Solamente allenarsi con lui ci ha dato qualcosa in più, ma inconsciamente i giocatori hanno iniziato a pensare che la sua presenza da sola bastasse per vincere le partite. Abbiamo cominciato a mancare un po’ nel lavoro quotidiano, nell’umiltà, nel sacrificio, nella voglia di esserci giorno dopo giorno per il tuo compagno di squadra. Penso che lo si vedesse. Forse era scontato che se davamo la palla a lui ci avrebbe fatto vincere la partita".

L'Europeo vinto

Ovviamente c'è modo anche per parlare dell'Europeo vinto insieme al compagno di squadra Chiellini: "Mi ha colpito la serenità mentale di Giorgio, che ha giocato col sorriso… Ho visto solo un giocatore così: Ronaldinho, un trequartista non un difensore. Giorgio ha capito che questo Europeo se lo doveva giocare con serenità, era l’ultima possibilità di giocare questa competizione, si è detto che l’unico modo era giocare in quel modo e noi dovevamo trasmettere la stessa cosa ai giovani. Tanti sono giocatori importanti, ma non con molte presenze a livello internazionale. Il nostro compito era portarli fino alla gara con la massima serenità. Nel pulman c’era musica, si rideva e scherzava. Poi nel momento giusto i leader più carismatici come me o Sirigu mettevano una riga".


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