Dybala, il talento che divide non ha prezzo

Dybala, il talento che divide non ha prezzo© LAPRESSE
Ivan Zazzaroni
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Paulo Dybala ha il talento che divide e anche per questo mi piace più degli altri. Dei pochissimi altri presenti in serie A. Dybala non autorizza vie di mezzo, o lo esalti o lo riduci: amarlo è facile, odiarlo francamente impossibile. A seconda dei gusti, dei punti di vista, delle simpatie, del tifo, del clima o di un gol dei suoi, Dybala è un fuoriclasse assoluto o soltanto un ottimo giocatore. Può essere considerato sfortunato, ma la sfortuna prima o poi passa, o fin troppo fragile e inaffidabile. Dybala è Joya (gioiello di valore) oppure bigiotteria.

Il 15 novembre ha compiuto 28 anni, tra sei mesi e mezzo scadrà il contratto con la Juventus e da gennaio potrebbe firmare per qualcun altro. Secondo alcuni commentatori, Agnelli dovrebbe lasciarlo andare, troppo elevate le cifre di cui si parla: 9 milioni più bonus a obiettivi “non facili” individuali e di squadra. Meglio azzerare tutto e investire quei soldi per gente giovane e motivatissima, è il pensiero dei denigratori dell’argentino che si definiscono realisti e competenti. Perché Dybala non è un leader e anche la sua nazionale lo ritiene una riserva. Certo, di Messi. Per Fabio Paratici, che lo prese dal Palermo pagandolo una quarantina di milioni, Paulo era bravo ma alternativo a Ronaldo, per questo nell’era Cristiano tentò in almeno un paio di occasioni di venderlo alla Premier (Manchester United e Tottenham).

In tanti anni ho registrato divisioni simili su Baggio, Del Piero e Zola, più recentemente su Insigne. Tutta gente capace di produrre una luce violenta ma intermittente, ed è proprio nei più che naturali momenti di buio che si moltiplicano i dubbi, le diffidenze, le antipatie.

Due numeri: da quando è alla Juve (2015/16) Dybala ha giocato 271 partite non sempre “fino alla fine” (18.113 i minuti complessivi), segnato 108 gol e servito 43 assist. Nell’ultimo anno e mezzo ha avuto di tutto: sei o sette gatti neri gli hanno attraversato la strada costringendolo a improvvise e ripetute frenate. In precedenza non era mai andato sotto le 42 presenze stagionali. Il milionario Ronaldo gli ha tolto spazio e centralità, ma l’ha aiutato a maturare mostrandogli da vicino l’incidenza delle motivazioni continuamente autoalimentate sui successi e sulla carriera. Il timore dei dirigenti della Juve è che proprio il rinnovo possa in qualche modo “appagarlo”; timore infondato, penso, dal momento che Paulo non si è mai tirato indietro e ha giocato spesso in condizioni fisiche imperfette. L’episodio più recente, quello di Venezia (avrebbe dovuto saltare la partita del mercoledì precedente e non lo fece). All’ultimo Dybala è perfettamente adattabile questo aforisma di Berlioz: la fortuna di avere talento non è sufficiente; bisogna avere anche il talento di avere fortuna.

Il nuovo contratto è pronto, le firme sono attese a giorni. Nel frattempo prepariamoci alle cerimonie tradizionali del Ripudio Eccellente per il quale bisogna trovare un responsabile volontario, visto che Allegri non ha alcuna intenzione di ripetere le gesta di Lippi, Ancelotti, Sacchi, Capello e Spalletti che ebbero il coraggio di sospendere, rifiutare o appiedare Baggio, Van Basten, Del Piero, Cassano e Totti, tanto per dire. A volte si è ricordati per il delitto di lesa maestà più che per le vittorie. Del bravo Gustavo Giagnoni si ricorda soprattutto la decisione di “abolire” Rivera.


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