Juve, l’analisi sulla maxi-perdita da 253,4 milioni

Ingaggi ancora alti nonostante la partenza dei big, poca capacità di valorizzare il patrimonio tecnico
Juve, l’analisi sulla maxi-perdita da 253,4 milioni© Getty Images
Alessandro F. Giudice
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Il comunicato con cui la Juve ha annunciato la maxi-perdita da 253,4 milioni offre spunti interessanti: anzitutto i numeri, sebbene l’analisi completa sarà possibile quando uscirà il fascicolo completo. 

Il costo sale

I ricavi operativi (senza plusvalenze) sono 402,6 milioni con limitata possibilità di incremento, data la staticità della componente legata a sponsor e merchandising. Nell’anno in corso saliranno quelli da stadio (in parte penalizzati l’anno scorso: 32.3 contro un massimo storico di 70 pre-covid) recuperando una trentina di milioni e spingendo in area 430-450 i ricavi operativi che restano sostanzialmente fermi da diversi anni. Ridotta la capacità di generare plusvalenze: inizialmente per il Covid ma oggi, soprattutto, per la poca capacità di valorizzare il patrimonio tecnico. Quest’anno godrà della plusvalenza De Ligt (32 milioni) ma il problema resta legato al monte ingaggi, perché molti ritenevano che i 298 milioni di costo del personale tesserato del 20/21 fosse un picco da cui sarebbe iniziata la discesa. Scaricato il fardello CR7 (57 lordi) e varati i piani - almeno nelle intenzioni - di austerity, il 21/22 avrebbe dovuto mostrare un miglioramento. Invece il costo sale a 326 milioni. L’anno in corso dovrebbe giovarsi delle rinunce a Dybala, De Ligt, Chiellini, Morata, Bernardeschi ma nel frattempo Di Maria, Pogba, Vlahovic, Bremer non hanno ingaggi leggeri e la panchina (seppure sgravata del costo di Pirlo) costa il triplo delle dirette concorrenti. Le manovre sul costo della rosa non sono chiarissime. La Juve ha spostato 3,5 mensilità sospese nel lockdown, dal 19/20 al 20/21. La stessa manovra sarebbe stata attuata nel 21/22 ma un costo che si sposta continuamente, da un anno all’altro, diventa strutturale e la Juve ha una rosa che costa multipli di concorrenti che la sopravanzano ormai regolarmente in classifica. Tra l’altro, sempre dal comunicato, si apprende che è in corso un procedimento Consob sulle manovre attuate sui compensi e che proprio mercoledì scorso l’organo ispettivo ha contestato la mancata rappresentazione di passività per le mensilità spostate dai bilanci ‘20 e 21 chiedendo lumi anche sul 2022.
 

Risanamento lontano

Comunque finisca la vicenda, la Juve pare lontana da una vera manovra di riequilibrio dei conti. Lo dice la progressione delle perdite, il costo della rosa ancora altissimo (109% dei ricavi) e incompatibile coi limiti UEFA. La riduzione del debito, da molti segnalata come un miglioramento, è conseguenza automatica dell’aumento di capitale da 400 milioni che gli azionisti hanno versato nelle casse del club aumentandone il patrimonio, non il frutto di una gestione più equilibrata. Ulteriori perdite eroderebbero un patrimonio già quasi dimezzato da dicembre e ricostituirebbero un debito finanziario già raddoppiato (da 78 a 153 milioni) in sei mesi. In questo scenario, il risanamento si allontana: un anno fa, nel prospetto dell’aumento di capitale, la dirigenza fissava al 23/24 l’obiettivo del pareggio operativo. Il comunicato di ieri parla di un nuovo piano in cui perseguire l’equilibrio economico e finanziario “di medio periodo”.

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