Perché la Juve è in crisi? Perché non ha un gioco

La secca sconfitta patita contro il Milan ha evidenziato una volta di più quale sia il vero problema che per la seconda stagione affligge i bianconeri: la loro manovra è prevedibile, sterile, antiquata. E, quel che è, peggio, manca l'identità di squadra, mai sorretta dal proverbiale spirito del club che impone di battersi "fino alla fine". Chi ha un gioco di qualità (Napoli, Atalanta, Udinese, Milan) occupa i primi quattro posti; chi non ce l'ha è ottavo, a 10 punti dalla capolista e con 10 punti in meno rispetto alla Juve di Sarri
Perché la Juve è in crisi? Perché non ha un gioco© LAPRESSE
Xavier Jacobelli
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Incartata nella crisi più nera da quando, 19 maggio 2010, Andrea Agnelli ne è diventato il presidente, la Juve ha scoperto che soltanto per due volte, negli ultimi quarant'anni, non era riuscita a vincere nemmeno una delle prime quattro trasferte di campionato. E lasciamo stare la Champions perché la sconfitta di Parigi brucia ancora e domani ad Haifa non sarà una passeggiata fra petali di rose. Fiumi di parole scorrono attorno alla Continassa, soprattutto dopo che il Milan ha riportato sulla terra un gruppo evidentemente iluso che i successi su Bologna e Maccabi fossero propedeutici al Grande Risveglio. Macché. I punti di distacco dal Napoli in fuga sono diventati 10 (e da inseguire ci sono anche Atalanta, Udinese, Milan, Roma, Lazio e Inter) nella scia degli scatenati partenopei che sono un'iradiddio (13 partite fra campionato e Champions, 11 vittorie di cui le ultime 8 consecutive, 2 pareggi, 35 gol segnati e 9 subiti). Dieci punti di svantaggio sul Napoli, dieci punti in meno rispetto alla Juve di Sarri che poi vinse l'ultimo scudetto bianconero prima di essere masochisticamente messo alla porta e ingaggiare Pirlo, vincitore di Coppa Italia e Supercoppa italiana, quarto in classifica, ma, pure lui, di nuovo masochisticamente esonerato per richiamare Allegri. Tutto questo nello spazio di tre anni (16 giugno 2019, ufficiale: Sarri nuovo allenatore della Juve; 8 agosto 2020, ufficiale: Pirlo nuovo allenatore della Juve; 19 giugno 2021, ufficiale: Allegri nuovo allenatore della Juve). Oggi, alla luce del martellamento social #AllegriOUT, suona sinistramente beffardo il tweet con il quale, sedici mesi fa, la società salutò il rientro del tecnico (Bentornato, Max! #allegriIN). Si dirà, nulla è più volatile di un cinguettio social, ma il guaio è che i cinguettii volano e i risultati restano. La preparazione atletica; la tournée nordamericana; gli infortuni; Pogba che prima non si opera e poi si opera; le squalifiche; la gomitata dell'Angelo Custode a Monza; il "divertimento" denunciato dal tecnico di fronte alle ipotesi di suo esonero; le contestazioni dei tifosi contro l'allenatore, i giocatori, i dirigenti e il caro biglietti; il quinto, consecutivo passivo di bilancio: da settimane la Juve cerca di capire che cosa non funzioni e che cosa si debba fare per uscire dal tunnel. Forse, semplicemente, cercare, trovare, avere finalmente un gioco. Chi ce l'ha di qualità, occupa i primi quattro posti (Napoli, Atalanta, Udinese, Milan). Chi non ce l'ha, sta all'ottavo. Anche se si chiama Juve.


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