La telefonata tra Elkann e Allegri: tutti i retroscena

Il numero uno ha chiamato il tecnico per ribadire la linea della Juventus: tornare a vincere l’unica cosa che conta: non basta più dire che l’allenatore ha già il contratto. E i tifosi aspettano
La telefonata tra Elkann e Allegri: tutti i retroscena
Xavier Jacobelli
7 min

La telefonata c’è stata. Ieri mattina. John Elkann ha chiamato Allegri per sapere, capire e soprattutto riaffermare l’essenza della Juve: la superiorità del club anche di fronte alle difficoltà, alle sconfitte. All’imprevisto. Pare che non abbia gradito quella quota di vittimismo trasferita dallo spogliatoio subito dopo la serataccia di Empoli: vincere è l’unica cosa che conta; la sconfitta, anche se su più fronti e in circostanze assurde quanto le dinamiche dei processi, un passaggio da affrontare a petto infuori.  

Agnelli, 100 anni di Juve

Oggi mancano esattamente due mesi. Due mesi al 24 luglio, giorno del centesimo anniversario di proprietà Agnelli della Juve, record mondiale imbattuto e difficilmente battibile per qualunque club di qualunque disciplina. Tornano alla mente le parole pronunciate da John Elkann il 4 agosto dell’anno scorso, a Villar Perosa, davanti alla squadra schierata, il cugino presidente Andrea che annuiva alla sua destra, la tempesta giudiziaria inimmaginabile: «Il 2023 sarà un anno speciale. Abbiamo un grandissimo orgoglio del nostro passato, è lo stimolo per conquistare un futuro all’altezza di questo passato».  

Juve, il guaio è il presente

Il guaio grosso è il presente: una stangata dietro l’altra; il Cda azzerato; l’Uragano Prisma; il -15 comminato, azzerato, quindi trasformato in -10 e comunicato dieci minuti prima che la squadra scendesse in campo a Empoli; la batosta del Castellani; la Champions che se ne va; un altro processo il 15 giugno. E Allegri che non ne può più. Sbotta, durissimo, avendone pieno diritto poiché lui non c’entra proprio niente con plusvalenze e stipendi congelati, ma, da gennaio, è infilato nel tritacarne: «Adesso basta, decidano se dobbiamo stare in Europa o no. La Juve sul campo è seconda in classifica; speriamo finisca questa storia, uno stillicidio, una totale mancanza di rispetto verso il club e i suoi tifosi». Ecco, i tifosi. Sono milioni di milioni: furenti, arrabbiati, delusi, frustrati, orfani di qualcuno che, ai loro occhi, in società dica qualcosa di juventino, i tweet e i comunicati grondanti scontento e amarezza annegano nel mare magnum delle parole. Anche le dichiarazioni di ieri di Elkann alla Bocconi sembrano più di prammatica che altro. Sia chiaro: Ferrero, Scanavino, Calvo fanno la loro parte, ciascuno nel proprio ruolo, essendo stati chiamati a fronteggiare la più grave crisi da Calciopoli in poi.

Juve, fiducia ad Allegri

Ogni volta che può, Calvo pubblicamente lo ribadisce, come a Empoli: «C’è fiducia incondizionata nei confronti di Allegri, stiamo costruendo il futuro con lui, non ci sono dubbi». Eppure. Eppure, adesso più che mai, urge un ruggito degli Agnelli, intesi come la famiglia che, da cento anni meno due mesi, è la Juve. Urge che il Signor Exor dica direttamente ai tifosi che cosa intenda fare, in campo e fuori dal campo. A cominciare dall’allenatore. La prima vittima di questo stillicidio è proprio Max: non molla perché «abbandonare adesso è da vigliacchi», ma, vivaddio, è lui o non è lui l’uomo della rifondazione? Non basta rispondere che ha ancora due anni di contratto: con questi chiari di luna, a Torino come a Napoli, i contratti possono essere rescissi, impugnati, stracciati. Sarà o non sarà Allegri il tecnico che, impiegando Fagioli, Miretti, Iling-Junior, Soulé, Barrenechea, Barbieri, ha già imboccato la strada del cambiamento? Sebbene risulti che Elkann non abbia gradito le dichiarazioni empolesi dell’allenatore, ritenute eccessivamente vittimistiche.

Juve, smettere di perdere

Ancora. Dicono: alla Juve “converrebbe” qualificarsi alla Conference League, così potrebbe scontare l’esclusione di un anno dalle coppe che vellica l’Uefa, se la società non abiura pubblicamente la Superlega. È vero? Non è vero? È vero che Ceferin sia montato su tutte le furie dopo l’intervista rilasciata da Agnelli all’olandese Telegraaf il 25 febbraio scorso («La Superlega è necessaria, perché, se rimane prevedibile come ora, il pubblico si allontanerà dal calcio») e si aspettasse una presa di distanza della Nuova Juve, a tutt’oggi non registrata? E la Nuova Juve, da che parte vorrà stare? Con la Vecchia Juve che assieme a Barcellona e Real aspetta il verdetto della Corte di giustizia europea, chiamata a pronunciarsi sul ricorso pro Superlega o con l’Uefa, in cambio della sua clemenza? Quel giorno d’agosto a Villar, Elkann dixit: «Siamo i protagonisti di una storia che ci ha visto la squadra al mondo con più campioni del mondo e abbiamo vinto tutte le coppe da vincere». Il problema, ora, è come smettere di perdere, la Juve e i suoi tifosi.

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