Juve, retroscena patteggiamento. La corsa alle motivazioni e poi il sì

Le spiegazioni del -10 (Paratici vale 4 punti) blindano l’accordo. La CFA: consiglieri inconsapevoli
Giorgio Marota
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ROMA - La vita è fatta a scale. E a volte basta scenderle (o salirle) per cambiare la storia. Ieri mattina l’udienza è cominciata solamente dopo l’arrivo delle motivazioni della sentenza sul caso plusvalenze. Giudici, procura e avvocati le hanno attese, mentre a un altro piano dello stesso palazzo di via Campania i componenti della Corte d’Appello finivano di scriverle. Avevano tempo fino al 1 giugno, la bozza era già pronta, ma le esigenze legate all’urgenza dell’accordo tra procura e Juve (leggasi: capire se conveniva davvero promettere di non presentare altri ricorsi) hanno accelerato l’iter. Al tribunale federale non hanno cominciato il dibattimento finché qualcuno ha bussato alla porta avvisando che la pec stava per arrivare. E visto il clima amichevole, le parti hanno deciso di leggerle insieme. «Tutto ok, procediamo» la conclusione reciproca. Sbrigate le formalità, l’accordo è stato formalizzato. 

Le motivazioni della sentenza

Nelle motivazioni della sentenza del 22 maggio, rispettando le indicazioni del Collegio di Garanzia, la Corte ha scorporato la responsabilità degli ex consiglieri d’amministrazione Nedved, Garimberti, Grazioli-Venier, Hughes, Marilungo, Roncaglio e Vellano, spiegando le ragioni della loro innocenza (dopo che la stessa Corte aveva inflitto inibizioni di 8 mesi) e argomentando quasi in modo di didascalico le modalità con cui si è arrivati alla costruzione del -10. Proprio quello che chiedeva il Collegio presieduto da Gabriella Palmieri Sandulli quando, un mese fa, aveva annullato la precedente pronuncia in Appello rinviando di nuovo la palla al giudice di secondo grado. «Indagine trifasica» spiega la Corte, secondo i criteri di ragionevolezza, afflittività e proporzionalità. Su quest’ultimo punto è stata quantificata in 1 punto la responsabilità di Cherubini (16 mesi di stop), in 2 punti quella di Arrivabene e Agnelli (2 anni di squalifica a testa) e in 4 punti quella di Paratici (2 anni e mezzo). A tutti è stata riconosciuta una «responsabilità diretta» e l’ex presidente ha visto aggiungere al conto un punto, vista la carica. E dunque, ricapitolando: 1+2+3+4, totale 10. Il ragionamento per sottrazione, inoltre, ha portato a quantificare in 5 punti il contributo degli altri sette imputati assolti poiché «inconsapevoli» e «non informati» circa le azioni portate avanti dai dirigenti apicali condannati in via definitiva. A scagionarli, un dato di fatto: da Nedved in giù, nessuno di questi figurava nelle intercettazioni che (insieme al libro nero di FP) hanno rappresentato la cosiddetta “pistola fumante”, consegnata su un vassoio d’argento dall’inchiesta Prisma della procura di Torino, per la revocazione di gennaio e per la successiva stangata. Secondo la procura, la cosiddetta “responsabilità da posizione” dei consiglieri senza delega era dimostrata dall’approvazione dei bilanci, «ma tale tesi risulta superata», spiega la Corte presieduta da Ida Raiola, e non c’è dimostrazione circa «l’apporto causale» di questi ultimi alle «operazioni di gestione sportiva che ha portato alla condanna dei consiglieri muniti di delega operativa». Spiegazioni che hanno convinto tutti, spianando la strada verso il patteggiamento. 


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