
Ci vorrebbe un Empoli ogni domenica. Per di più decimato da assenze e infortuni. Ma sono tempi difficili e non è il caso di stare a sottilizzare. La Juventus era reduce da due sconfitte consecutive. Sconfitte preoccupanti per il modo in cui erano maturate: a Napoli e contro il Benfica. Aveva un assoluto bisogno di vincere, e ha vinto. Quattro a uno. Solo un’altra volta, a Milano contro l’Inter, aveva segnato quattro gol. Ma in quel caso li aveva anche subiti. Non è il caso di azzardare proclami né di esaltarsi. Però gli aspetti positivi ci sono stati e sottolinearli giova all’autostima.
La Juve è reattiva
Innanzitutto la squadra di Thiago Motta ha mostrato di essere reattiva. Di avere non diciamo un’anima ma quantomeno orgoglio. I primi venti minuti sono stati da incubo. Da non pervenuto. Col nuovo arrivato Renato Veiga che sembrava smarrito come l’uomo di Berlino cantato da Lucio Dalla in Disperato erotico stomp. Un gol subito dopo quattro minuti (peraltro da De Sciglio allegriano di ferro) e un rigore prima concesso all’Empoli e poi revocato per un fallo di mano dei toscani. Lo Stadium era scioccato. Ma da quel momento i bianconeri hanno cominciato a mostrare segnali di vita. E soprattutto voglia di esistere. Non col gioco né tantomeno con la manovra corale. Ma importa poco. A turno, Nico Gonzalez, Koopmeiners, Yildiz hanno provato a strappare, a caricarsi la squadra sulle spalle. Segnale molto positivo. Anche se il gol non è arrivato.
Juve, i fischi rigenerano
Ha fatto bene anche l’ormai tradizionale razione di fischi incassata all’intervallo. Nella ripresa l’Empoli è calato, è vero. Ma la Juve era lì. Ne ha approfittato subito. Ha realizzato due gol in tre minuti. Sempre con Kolo Muani che ha segnato tre volte di fila in campionato. Non male. Tre gol in due partite. È già quarto nella classifica marcatori di squadra. Non c’entra niente col futuro, è arrivato in prestito secco e a giugno tornerà a Parigi. Ma quando si è malati, l’unica cosa che interessa è che la medicina funzioni.
Juve, Vlahovic in gol
L’aspetto più significativo della domenica è stato un altro: il terzo gol, quello firmato da Dusan Vlahovic che nel 2025 non ha ancora giocato una partita da titolare. Non ce ne vogliano i thiagomottisti, ma il serbo ha mostrato che il calcio è anche semplice. Ha segnato un gol come quello disegnato alla lavagna da Pelé in ‘Fuga per la vittoria”. Si è scartato mezzo Empoli e l’ha messa all’incrocio dei pali. Lui e Kolo Muani in teoria costituiscono una delle tre coppie d’attacco più forti della Serie A. Molto in teoria. Tra il dire e il fare c’è sempre Thiago Motta. Il tecnico ha una visione del football spesso poco comprensibile per noi comuni mortali. Anche ieri. La sostituzione di Yildiz (proprio per far posto a Vlahovic) ha lasciato perplessi. Ma l’uomo è così, va accettato per quello che è. Il calcio offre sempre un’opportunità di riscatto. Anche a lui. E il febbraio della Juventus sembra cucito su misura per quest’obiettivo: la doppia sfida di Champions col Psv Eindhoven e soprattutto il match con l’Inter che è la partita della vita per l’universo bianconero. Thiago lo sa. E se non lo sa, qualcuno glielo spieghi.