La nuova Juve di Spalletti: dalla chiave mentale alla complicità, la strategia dell’ex ct

L’impatto dell’ex ct e nuove motivazioni: così il tecnico sta provando a rialzare la Signora. I correttivi sul campo: da migliorare compattezza e distanze
Fabrizio Patania
4 min

Coraggio, leggerezza, complicità. Sono le tre chiavi mentali del codice Spalletti. L’impatto doveva essere emotivo, non solo tecnico e tattico, anche se la mentalità si traduce abolendo la paura. La maglia della Juve pesa, non c’è troppa leadership. Comolli e Chiellini ne hanno trovato uno in panchina. Lucio proverà a essere geniale e trascinante, spingendo i bianconeri in attacco, solcando il sentiero del gioco senza trascurare i risultati. Anzi, diciamo il contrario, perché a Torino conta solo vincere e le pressioni sono fortissime. Superiori a Roma e Napoli, forse pari solo alla Nazionale, da cui il tecnico di Certaldo è uscito malissimo, come mai avrebbe immaginato. Koopmeiners regista aggiunto in difesa racconta il coraggio che voleva trasmettere al suo primo atto.

Spalletti, l'empatia con la squadra

La leggerezza è il tratto essenziale del discorso prepartita di Spalletti ai giocatori. Voleva che si divertissero e giocassero con sana cattiveria, per vincere e imporsi, senza remore. «Siamo o non siamo la Juve» è il mantra ripetuto dall’ex ct nella pancia dello Zini durante il lungo giro di interviste. Si può senza essere schiacciati dalla tensione. «Non volevo vedere facce tirate» ha raccontato Spalletti. Il resto verrà di conseguenza. Cerca complicità, unione, spirito di gruppo. Quello che permette alla squadra, se tutti si aiutano, di alzare il livello all’improvviso. Era lo stesso spirito per cui rimase celebre l’immagine del Napoli al Mapei, in una partita contro il Sassuolo, che correva in blocco e ferocemente all’indietro per catturare il pallone. Spalletti proverà a trasferire la stessa mentalità ai suoi giocatori. Gli è sempre riuscito in carriera. Persino nelle settimane turbolente di Roma, quando infuriava la polemica durissima nel nome di Totti, Lucio aveva l’intero spogliatoio dalla sua parte. Lo ha raccontato e lo ha scritto nel suo libro autobiografico. Con gente come De Rossi, Salah, Nainggolan, Strootman nello spogliatoio non sarebbe stato possibile tenere a lungo il capitano in panchina senza che gli altri si ribellassero e non si centrasse il traguardo della Champions. Spalletti, nella sua storia di allenatore, ha sempre stabilito un rapporto empatico con i suoi giocatori. Ora è contento di aver chiarito il rapporto con Francesco.

Spalletti a caccia di riscatto

Il suo grande cruccio, invece, è il mancato successo con la Nazionale. Non essere riuscito a entrare nella testa degli azzurri lo ha addolorato, anche se può essere vero soltanto in relazione all’Europeo in Germania, non nel secondo anno di gestione a Coverciano. Ne ha parlato tanto con Buffon, continua ad autoflagellarsi per questo motivo, perché la complessità di Lucio prevede un amore sconfinato per i suoi giocatori. Alla Juve, sotto l’aspetto emotivo, è arrivato con motivazioni straordinarie. Trasferirà la sua rabbia, li vuole conquistare. Cercherà subito dei correttivi. Sul campo, a Cremona, ha visto cose buone e altre meno prima e dopo l’intervallo. Su tutte, le distanze troppo lunghe e non rispettate. Ci si può difendere, ma serve compattezza. Il “blocco squadra” deve restare granitico


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