Lazio, la vignetta che fa arrabbiare i tifosi

Sul Fatto Quotidiano un'immagine "ironica" fa discutere i social: le polemiche attorno al caso Anna Frank non accennano a placarsi
Lazio, la vignetta che fa arrabbiare i tifosi
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ROMA - Le magliette indossate dai giocatori Lazio con l'effige di Anna Frank e la scritta contro l'antisemitismo, e dall'altra parte un gruppo inquietante di tifosi biancocelesti che canta cori fascisti fuori dallo stadio di Bologna, città medaglia d'oro della Resistenza, prima di entrare nella curva Arpad Weisz, morto ad Auschwitz; la lettura del Diario prima del calcio d'inizio di ogni partita e l'emozione di migliaia di spettatori, mentre parte degli ultras di Juventus e Roma cercano in maniera imbarazzante di "coprire" le parole antifasciste cantando l'inno di Mameli o cori per la squadra; gli adesivi di Anna Frank con la maglia della Roma, casus belli dell'ultimo scandalo fuori dal campo del calcio italiano, i tanti altri messaggi incollati sui muri della Capitale - "laziale ebreo" o "laziale non mangia maiale" dell'altra frangia, perché di frangia si tratta, retorica violenta e fascista che getta vergogna su intere tifoserie, e il sorriso dei bambini che quel Diario se lo portano dietro, e le parole del ds Tare che chiede la radiazione a vita dagli stadi degli autori dello spregevole gesto: il calcio italiano, di nuovo inquinato da gesti esterni al campo, si trova al centro di una vera e propria battaglia tra tifo pulito e ultras razzisti, tra chi - stragrande maggioranza - sostiene la propria squadra e chi fa dello stadio una cassa di risonanza di messaggi che sarebbero da galera in ogni altro luogo civile.

In questo, l'ultima provocazione - dopo aver visto finire nel Tevere la corona di fiori deposta da Lotito - arriva da una vignetta che questa mattina ha fatto il giro dei social e sta facendo discutere i tanti tifosi: paragonare la porta della Lazio all'ingresso di un campo di concentramento è al limite del cattivo gusto e dell'insulto, andando a toccare i tasti dell'imbarazzo senza regalare alcun sorriso e anzi regalando proprio a quelle "mele marce", come le ha definite il tecnico della Lazio Simone Inzaghi, la possibilità di trovare scudo dietro l'essere tifosi e sentirsi insultati, utilizzando la Lazio suo malgrado. 

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