Lazio, Immobile ci racconta le sue giornate: "Sogno gol e abbracci"

Il bomber biancoceleste: «Ho passato una vita a giocare mi mancano il campo e le partite come l’aria: scappo sul terrazzo a palleggiare. Stavamo facendo cose incredibili, ora speriamo di tornare e di poter riprendere il nostro cammino»
Lazio, Immobile ci racconta le sue giornate: "Sogno gol e abbracci"
Fabrizio Patania
5 min

Ciro si rifugia nello sguardo e nei compiti a casa di Giorgia e Michela, le sue bimbe, nei baci della moglie Jessica, nei goffi tentativi di gattonare del piccolo Mattia, sette mesi appena compiuti. Accendi i social e lo vedi sdraiato sul tappeto di casa mentre aiuta suo figlio a stare in piedi. Le foto dei gol all’Olimpico e gli abbracci della Lazio sembrano diventati un lontano ricordo, cancellato dal nemico invisibile. Un castello di sabbia buttato giù da un’onda in riva al mare. Tutto spazzato via in un attimo e senza sapere quando ricomincerà la magìa del pallone. Un sogno rubato nei giorni dell’isolamento, della quarantena, delle restrizioni governative. Com’è possibile? E’ la vita sospesa del centravanti più prolifico d’Europa, capocannoniere del campionato italiano, 27 gol realizzati in 26 giornate, 30 dall’inizio della stagione senza contarne altri 3 in maglia azzurra. «Stavamo facendo qualcosa di incredibile con la Lazio e anche dal punto di vista personale mi ero preso parecchie soddisfazioni. Cosa devo dire? Non so. Speriamo di riuscire a tornare presto in campo e di continuare il nostro cammino».

Vita rubata

Il tono è pacato, la voce bassa ma serena. Immobile trasmette consapevolezza, i nostri stessi timori, un senso aderente alla realtà. Viene dalla gavetta, ha costruito il successo con il sudore, sa benissimo cosa potrebbe comportare lo stop imposto al calcio senza una ripresa. Oggi le preoccupazioni sono altre. La salute pubblica in primis. «I campioni non siamo noi, sono quelli che si trovano negli ospedali» osservava qualche giorno fa dentro una delle frequenti dirette Instagram a cui si concede per mantenere vivo il contatto con il mondo esterno. Oggi fa fatica a parlare dei traguardi personali. Era primo nella classifica della Scarpa d’Oro davanti a Ronaldo e Lewandowski quando è stata ordinata la sospensione. Chissà se si ripartirà e si potra chiudere il campionato, tornando a contare i suoi gol con il pallottoliere. Il rischio di aver interrotto la stagione più bella della sua carriera esiste. «Siamo lì, siamo in lotta. E’ dura perché ci sono tanti campioni in corsa per vincere questo trofeo, credo sia ancora complicata la corsa » dice senza dare eccessiva forza al suo pensiero. Delicatezza. Un modo garbato di guardare e pesare la vita. Dove il calcio occupa un posto piccolissimo di fronte alle atrocità, alle terapie intensive, alle morti seminate dal coronavirus. Un mostro a cui in pochi credevano, convinti che fosse una brutta infl uenza, sino alla fi ne di febbraio, quando la Lazio vinceva a Marassi con 4 mila tifosi al seguito e poi domava il Bologna, portandosi dopo vent’anni in testa alla classifi ca prima del controsorpasso della Juve di Sarri. Un entusiasmo travolgente stoppato e strozzato all’improvviso fi nendo nell’incubo. Oggi è dura parlare di scudetto e anche pensare di poter reggere un’intervista sull’argomento.

Appello

Roma è deserta o quasi, popolata dai posti di blocco per intercettare i runners menefreghisti e incuranti dell’emergenza oppure chi esce in macchina senza un valido motivo. Suona bene l’invito di Ciruzzo. Il ciuff o biondo che faceva impazzire il mondo, come lo chiamavano a Torre Annunziata riprendendo uno spot televisivo all’inizio della carriera, ha un cuore d’oro. «Ai nostri tifosi dico di restare a casa, di soffrire, come il popolo laziale sa fare e ha sempre dimostrato. Dobbiamo stringere i denti e presto ci rivedremo. Ne sono convinto, torneremo ad abbracciarci, a condividere momenti, belli o brutti che siano sportivamente, ma ne usciremo. Ora, però, dobbiamo restare a casa con le nostre famiglie e approfittarne, anche se il momento è difficile. Tante persone hanno dovuto chiudere l’attività o rischiano di perdere il lavoro per il coronavirus. Sono vicino a loro, sono preoccupato per questo e per la gente che sta lottando per la vita».

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