Minala: "Vi racconto quando mi lasciarono alla stazione Termini"

L'ex attaccante della Lazio, pronto alla sua avventura in Cina allo Qingdao Huanghai, racconta la sua carriera in un'intervista al Corriere dello Sport-Stadio
Minala: "Vi racconto quando mi lasciarono alla stazione Termini"© Fotonotizia
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Chiuso in hotel, senza uscire per un'altra settimana. I suoi sogni no, non sono in quarantena. Perché avere timori? D'altronde, prima che scoppiasse la pandemia in Italia aveva già deciso di sfidare il coronavirus in trasferta. Joseph Marie Minala ha aspettato 5 mesi per raggiungere la Cina, ci è riuscito pochi giorni fa: a fine febbraio aveva firmato per il Qingdao Huanghai, club della Super League. Prestito fino al 31 dicembre, un anno dimezzato dal Covid. L'obiettivo rimane lo stesso: trovare continuità e convincere la Lazio a puntare su di lui. Prima o poi... 
 
Minala, finalmente in Cina. 
«Una bella sfida. Sono arrivato a Shanghai il 23 luglio. Ora sono chiuso in hotel in quarantena, il club mi ha messo a disposizione l’occorrente per tenermi in forma. Potrò uscire di qui e raggiungere la squadra il 6 agosto, spero in tempo per la quarta giornata di campionato».  
 
La Super League è iniziata da pochi giorni. 
«Due gironi da otto. Per ora è come se fosse un mondiale, sono state scelte due città per la fase iniziale. Le partite del nostro raggruppamento si giocano a Suzhou, poi a novembre e a dicembre ci saranno i play off per il titolo». 
 
Ha mai avuto un ripensamento? 
«Ho dovuto completare le pratiche burocratiche e aspettare per partire. Non ho mai avuto timori, non mi sono mai fermato allenandomi con un preparatore atletico. È una bella opportunità, avevo bisogno di giocare. Nessuno poteva prevedere la sospensione della Serie A…».  


 
Fosse rimasto a Roma, avrebbe dato una mano a Inzaghi?  
«Forse avrei trovato spazio, forse no. Sicuramente avrei dato tutto. La Lazio ha anche cercato di riportarmi in squadra, Leiva non era al 100% dopo l’operazione, però il prestito non poteva essere annullato. Era già stato depositato. Con il mister abbiamo iniziato insieme nelle giovanili, abbiamo vinto la Coppa Italia Primavera, il suo primo trofeo». 

Non pensa al “caso” di Djavan Anderson? Da fuori rosa a titolare contro Juventus e Verona. 
«Sono contento per lui, ci trovavamo nella stessa situazione a inizio anno. Ho giocato qualche partita con la Primavera, poi a gennaio sono stato aggregato alla prima squadra. Probabilmente sì, dopo il lockdown avrei potuto dare anche io il mio contributo. A centrocampo ci sono stati tanti infortuni».  
 
Perché la Cina?  
«Volevo mettermi in gioco, avevo diverse offerte dalla Serie B, le ho rifiutate. Non volevo sminuire le proposte, anzi ringrazio tutti i club, compresa la Salernitana. Però penso di aver fatto sempre bene in prestito e poter giocare a livelli più alti. Voglio conquistare la Nazionale e convincere la Lazio a puntare su di me in futuro, oltre la scadenza del contratto». 
 
Non ha avuto un po' di paura? 
«Mi dispiace solo essere qui da solo. Per venire in Cina devono esserci degli interessi di lavoro. Viviana, la mia fidanzata, non ha potuto accompagnarmi in questa esperienza. La ringrazio, mi ha sempre sostenuto, siamo molto legati. Ma paura no, perché dovrei averne? Faccio un mestiere in cui i controlli sono costanti. Ho fatto gli esami prima di partire, due test del tampone, tutti negativi grazie a Dio. Poi gli esami del sangue, ora devo informare della mia temperatura due volte al giorno. Il 6 agosto farò di nuovo il tampone così come quando mi unirò al gruppo. Più sotto controllo di così è impossibile...». 
 
Ha studiato il campionato cinese?  
«Qualcuno pensa che non sia all’altezza, non è così. Ci sono grandi giocatori: da Hamsik a Hulk, passando per Oscar, Miranda, Eder e Fellaini. Ho chiesto consigli a Paolo Cannavaro ed El Shaarawy. Ho sentito il bisogno di mettermi in gioco, di confrontarmi con un mondo diverso. Sono convinto della scelta, ci sono grandi stadi. E a gennaio prossimo tornerò alla Lazio cresciuto, più maturo e con un'altra mentalità. Voglio guadagnare cultura e ampliare le conoscenze. Magari un giorno a Formello avranno bisogno di me».  
 
Si aspettava di avere più opportunità?  
«Ho debuttato in A nel 2014 con Reja, Bollini suo vice. Poi in prestito mi sono sempre fatto valere. Quest'anno ho avuto la soddisfazione dell’esordio stagionale in Coppa Italia (contro la Cremonese), però ho il contratto in scadenza a giugno 2021. Senza il Covid sarebbe stato difficile avere spazio. A gennaio prossimo ci sarebbe stata anche la Coppa d’Africa, purtroppo è stata posticipata al 2022. Ma il pensiero resta lo stesso: voglio conquistare il Camerun, è il mio sogno fin da bambino».  


 
Il suo arrivo in Italia è una storia romanzesca. 
«Sono arrivato con delle promesse, avevo 15 anni, non è andata come pensavo. Una volta alla stazione Termini mi sono ritrovato da solo, mi hanno lasciato lì, senza dirmi niente. Avevo paura di essere arrestato, in queste situazioni può accadere qualsiasi cosa. Ero senza documenti, così decisi di andare io alla Polizia per spiegare quanto successo. Mi hanno portato in ospedale, da lì sono finito in una casa famiglia». 

Come arriva alla Lazio?  
«Sono stato in diversi club, tra questi l’Inter e l’Udinese. Ma il primo provino è stato il Napoli: Raiola venne alla casa famiglia, all’improvviso mi ritrovai ad allenarmi con Cavani e Lavezzi, Mazzarri come tecnico. Ero incredulo. Si parlava molto di me, con la casa famiglia disputavamo un campionato regionale, ma eravamo fuori classifica. La gente cominciava a notarmi. Si presentarono delle persone, mi fecero delle proposte. All’inizio dissi di no, poi mi convinsero e ottenni un permesso speciale. Alla Lazio sono arrivato dopo una buona annata alla Vigor Perconti».  
 
Si è parlato spesso della sua età, molti non credono sia un classe 1996. Le battute e i commenti l’hanno ferita? 
«Chi mi seguiva in quegli anni non mi ha protetto bene. Pensavo fosse una polemica banale, ero senza i miei genitori. Non è stato facile, avevo persone sbagliate intorno a me. In principio non ci facevo troppo caso, poi ho capito che avrei dovuto stare più sul pezzo ed essere tutelato meglio. Le chiacchiere hanno influito sulla mia carriera, tante squadre credo siano state influenzate».


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